Corso diocesano di formazione al ministero del lettorato

È finalmente cominciato il corso di formazione al ministero del lettorato 2009. Pare che fossero presenti almeno 150 persone (vedremo i conteggi precisi fatti da Selvino e suor Godelieve).

QUI SOTTO TROVATE I I LINK AL MATERIALE DEL PRIMO INCONTRO.

E anche quelli del secondo incontro…

... e del terzo!

ATTENZIONE!!!! Nella sezione "Link e testi utili", qualche consiglio per le letture di ogni domenica…

Per chi vuole capire meglio il carattere del corso, ecco qualche precisazione:

Il corso lettori 2009 ha una precisa configurazione, non ottimale, ma eccezionale. Eccezionale, perché avviene in un anno particolare, che tutta la diocesi dedica alla riscoperta della liturgia, "opera bella" che Dio realizza nella sua Chiesa, e a cui la Chiesa, con amore e dedizione, è chiamata a corrispondere. Eccezionale, perché rappresenterà un’eccezione: i futuri appuntamenti per il ministero del lettorato dovrebbero avere una configurazione più tranquilla e delimitata.

Ciò ha comportato alcune scelte:
- la rinuncia al numero chiuso, permettendo un'esperienza il più possibile aperta ed estesa.
- la richiesta di serietà nell'adesione: preiscrizione, versamento di una quota, presentazione del parroco, frequenza obbligatoria e certificata
- il corso è inteso come prima tappa di un percorso di formazione più ampio: avrà un richiamo l'anno prossimo, per completare i punti non esauriti, sarà integrato da proposte residenziali (stavolta, a numero chiuso)
- il corso (ahimè) non è rivolto a singole persone vagamente interessate, a chi non è inserito in una parrocchia, a chi ricerca solamente una prospettiva di formazione personale a breve termine. E' rivolto a chi ha una concreta prospettiva di servizio a lunga (non eterna) scadenza. Con questo non si intende né giudicare, né condannare, né tantomeno escludere nessuno. Non mancheranno altre iniziative di formazione adatte alle loro esigenze.

L'ascolto della Parola e il canto

Qualcuno si è stupito di trovare in un corso per i lettori un laboratorio dedicato al canto. Che, forzatamente, vista la complessità dell'argomento, ha aperto scenari amplissimi. L'obiezione è però piuttosto ingenua. La liturgia vive del canto. Sto olo in una giusta alternanza di canti, acclamazioni, silenzi, trova il suo ambito vitale.

Già la relazione di don Daniele aveva messo sull'avviso: la nostra tradizione liturgica comprende tutta una serie di canti che ruotano attorno alla parola divina: antifone, canto al vangelo, versetti, responsori... nella stessa proclamazione delle letture la conclusione può essere cantata.

Il lettore non può non saperlo. Anche se egli non canta personalmente l'acclamazione "parola di Dio", deve tuttavia sapere che essa dovrebbe essere cantata. Anche se non è in grado di cantare il salmo responsoriale, deve tuttavia sapere che la forma cantata è quella preferibile. Anche se non sarà lui, il più delle volte, a dirigere il canto dell'assemblea, e a scegliere i canti da farsi, tuttavia potrebbe ritrovarsi a spiegarli, e deve avere la competenza necessaria.

Il canto dunque fa parte dell'indispensabile bagaglio culturale del lettore. E sul versante tecnico? Egli deve sapere che è preferibile che egli sappia eseguire alcune piccole parti cantate.

Link e testi utili

Alcuni testi magisteriali sono di valore fondamentale. Sono le introduzioni ai libri liturgici (i cosiddetti "Prenotanda")
Per il ministero del lettore occorre andare:

- all'inizio del Messale Romano, nelle premesse:
"Principi e norme per l'uso del Messale Romano" (in latino: Institutio Generalis Missalis Romani)
Il testo digitalizzato si può trovare qui:
http://www.liturgia.maranatha.it/Ordmessale/coverpage.htm

- all'inizio del lezionario rinnovato anno A, sempre nelle premesse:
"Ordinamento delle letture della Messa" (in latino: Ordo Lectionum Missae).
Il testo digitalizzato si può trovare qui:
http://www.maranatha.it/Praenotanda/bk05page.htm

NB: ATTENZIONE!!! il sito maranatha.it è di una certa utilità pratica (fornisce prontamente testi digitalizzati, ricopiabili, stampabili), ma può essere talvolta impreciso. Per la celebrazione e per uno studio approfondito VA SEMPRE CONTROLLATO SUL TESTO STAMPATO.

Un testo agile, di pronto uso, ricco di indicazioni sia liturgiche, sia tecniche, è il "Manuale del lettore" di Claude Duchesneau - Ciro Imparato (Torino, 1998 - Elledici). Costa 4 €. Da usare con cautela le osservazioni tecniche (talvolta sono più adatte per una recitazione teatrale che per la proclamazione liturgica).
Il link informativo è qui:
http://www.elledici.org/it/libreria/dettaglio.php?CODICE=00894

Abbiamo deciso di introdurre una sezione di CONSIGLI PER LA LETTURA di ogni domenica... trovate il link anche qua sotto.

Consigli per la lettura: V Domenica di Quaresima B

Questa settimana le letture presentano una certa difficoltà, dovuta al particolare genere letterario.

La prima lettura

Dal libro di Geremia, appartiene al genere profetico, ma in una sua forma di transizione, che già scivola verso l'apocalittica. Il profeta infatti annuncia ciò che avverrà "in quei giorni", formula indeterminata, tipica di questa sezione di Geremia, che indica il tempo del compimento, già quasi in prospettiva escatologica. Mentre l'oracolo profetico di giudizio, di condanna, di salvezza ha di mira una precisa situazione storica, qui si parla di eventi che non stanno sotto il diretto controllo di chi parla e di chi ascolta.
Per tre volte si ripete la formula "oracolo del Signore": essa implica una spersonalizzazione: è Dio che parla. Più che mai qui il lettore è un messaggero, una voce recitante, che distoglie l'attenzione da sé per concentrarla sul messaggio.
E' possibile una interpretazione più meditativa, in tono sommesso (richiamando il tema dell'interiorizzazione della legge), o una più solenne, di proclamazione elevata, sottolineando maggiormente il carattere pubblico dell'annuncio (io sarò il loro Dio, ed essi saranno mio popolo).

La seconda lettura

Densità e concentrazione costituiscono la difficoltà di questo brano, tratto dalla Lettera agli Ebrei. In realtà, non si tratta di una vera e propria lettera, ma piuttosto di un trattato teologico, di un discorso solenne e programmatico.
Richiede una lettura lenta e attenta, ricca di pause, che aiutino a gustare la forza del testo.
Pur esprimendo un pensiero estremamente complesso, la lettera agli Ebrei non manca di richiami retorici e concreti, che fissano l'attenzione dell'uditore: qui le "forti grida e lacrime", e la frase elegantissima (in greco) "Imparò l'ubbidienza dalle cose che patì".

IV Domenica di Quaresima B

IV Domenica di Quaresima B

Prima lettura
(Libro delle Cronache: 2Cr 36,14-16.19-23
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore).
Si tratta di una lettura estremamente complessa, difficile per il suo carattere riassuntivo. Genere letterario: storico-didattico. Si traccia un ampio sommario di almeno tre secoli di storia di Israele, semplificando enormemente i tratti. Si divide in tre parti, la prima solo riassuntiva, la seconda centrata su una profezia biblica, la terza centrata sulle parole del re persiano. Qui la tonalità cambia: le parole della profezie e le parole del re sono una proclamazione, un annuncio. Occorre far sentire il passaggio dal riassunto alla parola viva, evitando nello stesso tempo l'eccesso e l'affettazione.

Seconda lettura
(Ef 2,4-10 Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia).
Lettura di grande bellezza, che traccia uno sguardo amplissimo sulla storia della salvezza. Genere letterario: epistolare amplificato. La forma letteraria dell'epistola tende ormai alla forma del trattato. Si tratta insomma di una esposizione dottrinale, con accenni poetici.
Va letta in maniera calma e meditativa, con una pausa dopo la prima frase: essa è infatti l'anticipazione di ciò che si dice in seguito.
a) che cosa significa essere destinati a “rivivere con Cristo”.
b) che cosas significa essere salvi “per grazia”.

Primo incontro: nella Quaresima 2009 Dio ci parla.

“Lasciatevi riconciliare con Dio”

La chiamata a conversione nella Quaresima 2009
(invece di una prolusione generica su “La parola di Dio nella vita della Chiesa”)

La situazione apostolica

La lettura che abbiamo ascoltato, dalla liturgia del mercoledì delle Ceneri, ha aperto la celebrazione della Quaresima; e sempre la dovrebbe accompagnare. Essa ci riporta all’epoca apostolica, e alla situazione-tipo dell’annuncio: da un lato l’apostolo, il testimone autorevole, colui che ha visto il risorto, colui che ha ricevuto una chiamata da Dio; dall’altra parte la comunità:nella fattispecie, la comunità dei Corinzi.

La comunità dei Corinzi

Non si trattava di una comunità modello, anzi è forse la chiesa che più di ogni altra ha fatto soffrire l’apostolo. Litigiosi, insofferenti, amanti del successo, delle apparenze, sempre alla ricerca di un uomo forte da seguire, di personaggi carismatici a cui aggrapparsi. Paolo li incontra più volte, più volte scrive loro. Il suo rapporto tormentato con la chiesa di Corinto è testimoniato drammaticamente nelle due lettere ad essi intitolate.

Al servizio del protagonista

Paolo si deve difendere: siamo collaboratori di Dio. Ai Corinzi, che cercavano personalità forti, che volevano essere guidati da persone prestigiose, Paolo ricorda che egli ha inteso annunciare loro il Dio di Gesù Cristo, che egli è un “ambasciatore”, che porta una parola non sua. Sono parole che suonano come una critica, che possono suonare estremamente deludenti: Dio, Gesù Cristo non sono cose che si vedono, che assicurano prestigio, o che scatenino immediatamente reazioni di amore-odio. Non è una bandiera visibile, come dire “io sto con Obama” o “io sto con McCain”, io tengo l’Inter, io la Juve, io il Milan... Paolo dice “io sto con Gesù. Sono al suo servizio. Questo significa andare oltre i gruppi, le classificazioni, le animosità umane. E significa anche mantenere una posizione defilata. Il protagonista è Dio.

Al servizio di un evento

“Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo”. L’annuncio sconvolgente dell’apostolo è devastante per le pretese orgogliose e oltranziste dei Corinzi. Essi vorrebbero un protagonista umano, uno che vince, uno che si impone con la forza. Per questo cercavano l’abbondanza dei doni e dei carismi: guarigioni, parlare in lingue, segni miracoli... nulla di tutto questo è dato a loro. “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore”. Ai Corinzi orgoliosi è dato unicamente Cristo crocifisso, segno dell’amore del Padre. E un semplice apostolo che lo testimonia, che fa da suo collaboratore: “vi supplichiamo, in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio”.
Dall’attesa di una parola umana, si passa al dono di una parola divina, anzi di un evento. Dalla ricerca del successo, i Corinzi sono chiamati a riconoscere il loro peccato, e a riconoscere che solo in Gesù essi possono diventare “giustizia di Dio”. Dalla voglia di protagonismo, essi sono richiamati al vero protagonista che è Dio: “lasciatevi riconciliare con Dio”. Dalla ricerca di un capo carismatico (un leader, un Fuehrer, un duce, un divo, un campione, un idolo...) essi sono richiamati ad accettare... Paolo. L’apostolo, il testimone, il collaboratore.

La parola della riconciliazione

Questo messaggio sorprende noi oggi: anche noi vorremmo una Chiesa forte, una comunità che si impone, un annuncio facile, la Messa piena, l’oratorio zeppo di bambini e di giovani... le parole dell’apostolo invece ci riportano a ciò che veramente è importante: la parola della riconciliazione. Quello che Dio già sta facendo nel mondo.

I lettori? Non servono!

Ora voi vi starete chiedendo: ma che c’entra tutto questo con il corso per i lettori? Vorrei da subito farvi notare una particolarità. Sembra una provocazione, ma va capita bene. Sarà sempre molto utile ricordarla. Nella situazione che abbiamo appena descritto, non c’è nessun bisogno di un lettore. C’è Paolo, c’è la comunità. Tutt’al più, potremmo citare i collaboratori di Paolo. Tutto si gioca tra l’apostolo e la chiesa. I quali peraltro non sono i veri protagonisti: ciò che preme a Paolo è appunto mostrare che il vero protagonista è Dio. Dove c’è l’apostolo, e dove c’è la comunità, non c’è bisogno neanche di Bibbia, di lezionario, di libretti o di foglietti: si ascolta, si prega, si interroga. E però... Tutto questo discorso ha un però. Questo però lo diremo poi.

Chi fa la Liturgia della Parola?

Ora prendiamo un altro testo. E’ nell’introduzione al nuovo lezionario, anno A (c’era anche in uno dei vecchi lezionari, non ricordo più quale). Al capitolo III, quando si parla dei compiti nella liturgia della parola, al primo posto viene “colui che presiede”. Ed è logico: egli tiene il posto dell’apostolo. Ma al secondo posto, c’è l’assemblea. Punto 2, paragrafo 44: “Compito dei fedeli nella liturgia della Parola”.
Questo è quello che ci manca. Renderci conto che l’assemblea ha un suo “compito”. Un incarico. Nella settimana della chiesa mantovana il relatore ce lo aveva ricordato. Ma si fa presto a dimenticarlo. “Partecipazione attiva” non significa che tutti o il maggior numero possibile di persone hanno “qualcosa da fare”. Ma che tutti fanno la stessa cosa. Che tutti vivono la stessa realtà. Qual è il tuo compito nella Messa, anche se non hai da leggere, né da servire all’altare, né da portare i doni, né da spegnere un interruttore, e neanche da tenere buono il micio del parroco? Il tuo compito è ascoltare. Ascolto attivo, partecipazione attiva: Dio sta parlando.

Che cosa sta succedendo nella Quaresima?

Leggiamo dunque il n. 44: “Per mezzo della Parola di Cristo il popolo di Dio viene adunato, accresciuto e alimentato, «e questo vale soprattutto per la liturgia della Parola, nella celebrazione della Messa, nella quale si realizza un’unità inscindibile fra l’annuncio della morte e risurrezione del Signore, la risposta del popolo in ascolto e l’oblazione stessa con la quale Cristo ha confermato nel suo sangue la Nuova Alleanza: oblazione a cui si uniscono i fedeli sia con le loro preghiere sia con la recezione del sacramento». Infatti «non soltanto quando si legge ciò che fu scritto per nostra istruzione (Rm 15,4), ma anche quando la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, e le menti sono sollevate verso Dio, per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia».
Nella liturgia della Parola, per mezzo dell’ascolto della fede, anche oggi l’assemblea dei fedeli accoglie da Dio la parola dell’alleanza, e a questa parola deve rispondere con la stessa fede, per diventare sempre più il popolo della Nuova Alleanza.”
Non voglio rubare il tema della prossima relazione. Don Daniele Piazzi, nel prossimo incontro, spiegherà ampiamente la liturgia della parola. Ci basti ricordare questo: quando ascoltiamo la parola di Dio avviene qualcosa. Avviene un’alleanza. Non si tratta solo di ascoltare delle cose. Si tratta di entrare in un evento. L’avvenimento della Nuova Alleanza. E’ il segreto a cui conduce tutta la storia della salvezza. Ed è esattamente il tema della Quaresima 2009.

Il percorso dell’Alleanza nelle prime letture

Nella I domenica di Quaresima abbiamo ascoltato l’alleanza con Noè: dopo il diluvio Dio si impegna a non distruggere più l’umanità. Qui la sua parola si configura come impegno solenne. E lo stesso avviene nella I lettura di domenica prossima: Dio chiama Abramo. Lo chiama al sacrificio, lo chiama ad una prova. La parola divina non ci lascia mai tranquilli. Ci fa sempre uscire dalle nostre certezze. Abramo ascolta, si fida, obbedisce. Si incammina per una strada che non conosce. Ma per questa strada trova la rivelazione di Dio: “non fare alcun male al ragazzo”. La parola divina diviene benedizione eterna.
Nella terza domenica di Quaresima abbiamo invece i comandamenti. Ancora una volta, una parola carica di azione. Una parola che indirizza la vita. Ma soprattutto, una parola che è come una roccia, una realtà solida, su cui si può edificare un popolo. I dieci comandamenti sono le parole dell’alleanza, che il popolo si impegna a seguire. Riusciranno i figli di Israele a seguire l’alleanza divina?
La quarta domenica ci mostra il fallimento del popolo. Dio si è impegnato, ha concesso la sua grazia al suo popolo. Ma il popolo non è stato capace di seguirlo. Gerusalemme è distrutta. Eppure, le parole divine non perdono valore, l’impegno solenne di Dio non viene meno. Dio continua a guidare la storia, e attraverso il re straniero, Ciro, ridà speranza al popolo. Dopo il tempo dell’Esilio, è possibile ripartire, per tornare a Gerusalemme e riedificare quello che era distrutto.
Nella quinta domenica di Quaresima ascolteremo le parole del profeta Geremia, che annuncia la nuova alleanza. Qualcosa che va oltre la legge scritta, che gli uomini non sono stati in grado di osservare. Una legge scritta nei cuori. La profezia di Geremia ci conduce dritti alla grande Settimana Santa, in cui Gesù, prima della sua passione, prende il pane, il calice, e dice quelle parole “questo è il mio sangue dell’alleanza”. Il Vangelo annuncia che la Nuova Alleanza si è compiuta in Cristo.

Dio parla al suo popolo

Concludendo: in questa Quaresima Dio ci vuole parlare. Non semplicemente per intrattenerci, o per consolarci dei nostri malanni. Dio ci vuole parlare per fare alleanza con noi, e noi sappiamo che il suo fare alleanza è un donare se stesso. Nuova Alleanza significa che Dio si dona a noi; il grande dono, il grande segreto, non è un “qualcosa”: è lui stesso, che si comunica e si dona.
Il nostro compito, il nostro compito come assemblea, è di lasciarlo parlare, anzi di ascoltare, o meglio, di obbedire, o meglio ancora, di lasciarlo fare, di lasciare spazio alla sua azione. Ciò che fa il presidente è al servizio dell’azione di Dio. E il presidente non ne è il padrone: è il collaboratore, l’ambasciatore, il ministro dell’incontro tra Dio e il suo popolo. Questa è un’immagine molto bella: quando Dio ci parla, ci vuol sposare, ci vuole abbracciare, ma non solo noi come singoli, noi come Chiesa, noi comunità viva. E però, allora, i lettori a che servono? Dicevamo sopra che i lettori potrebbero anche non esserci. Se c’è l’Apostolo, se c’è la sua comunità, quasi quasi si fa a meno anche del libro. Ma c’è un però.

I lettori? Servono!

Paolo non poteva essere presente nella comunità dei Corinzi. Era stato cacciato via. Non poteva così facilmente ritornare. Per questo scrive le sue lettere... e chi le leggeva? Dobbiamo tornare al mondo antico, dove la parola scritta è preziosa. Qualcuno consegnava la lettera dell’apostolo, qualcun altro la leggeva in pubblico. Così è avvenuto per ogni altro evento della storia della salvezza, dell’Antica e della Nuova Alleanza: sono stati scritti, non per essere letti in privato, ma letti in pubblico. Ridiventano vivi solo quando qualcuno li proclama di nuovo... qui si innesta il ministero del lettore. La cui caratteristica prima deve essere l’umiltà e la limpidezza. Umiltà, perché legge una parola non sua. Limpidezza, perché deve trasparire nelle sue parole la voce di Dio.
Generalmente, questo non si può improvvisare. Si corrono due rischi estremi: da un lato la sciatteria, una lettura anonima e insipida. Dall’altro, l’eccesso e l’esibizione. In mezzo, sta la porta stretta. Di chi si mette, chiamato dal suo parroco, a servizio della parola. Non per essere protagonista nella proclamazione. Ma perché qualcun altro possa essere protagonista dell’ascolto.

Primo laboratorio: accostarsi al testo

Queste note si riferiscono a come accostarsi ad un testo da leggere in pubblico. Escludiamo le osservazioni propriamente esegetiche e interpretative, che pure sarebbero fondamentali. Diamo cioè per scontato che il testo sia abbastanza noto, nelle sue caratteristiche e nel suo significato, o attraverso la lectio divina, o attraverso la consultazione di un commentario, o attraverso la spiegazione di un sacerdote o altra persona competente.

Essenzialmente, si tratta di prepararsi leggendo e rileggendo il testo in fasi differenti.

Prima fase: lettura mentale
Si legge il testo mentalmente, cercando di farsene un'idea fondamentale, o meglio ancora una "immagine". L'immagine complessiva è diversa dall'analisi dei singoli punti. Non è l'esegesi o il messaggio del testo: è piuttosto ciò può emergere alla lettura e all'ascolto del testo.

Seconda fase: i punti non chiari
Si rilegge ancora il testo, a mezza voce. Si annotano i punti meno chiari, là dove l'espressione si inceppa, o dove ci sono parole difficili, o frasi complicate...

Terza fase: lettura continua
Si rilegge ancora il testo ad alta voce, senza dare nessuna intonazione. Lo scopo è allenare i movimenti della bocca. Molti lettori tendono a tenere la bocca chiusa, hanno paura di esagerare: in realtà occorre imparare ad articolare bene il movimento della bocca, che permette chiarezza e limpidezza di espressione.

Quarta fase: la respirazione
Si rilegge ancora ad alta voce, annotando i punti in cui occorre prendere il respiro.

Quinta fase: le pause
Oltre al respiro (pause lunghe) occorre anche annotare le pause sintattiche (obbligate) e le pause espressive (a scelta del lettore).

Sesta fase: le intonazioni corrette
Questo lo vedremo alla prossima puntata...

Secondo incontro: una parola da celebrare

La relazione di don Daniele Piazzi è stata estremamente ricca e agevolmente si poteva seguire attraverso le diapositive. Presto sarà in linea una parte del ricco materiale che ha esposto. Fissiamo però da subito alcune idee chiave molto importanti:
La parola ritorna evento
1) La parola nasce dagli eventi, da una storia di salvezza. E tende a ridiventare evento. La liturgia permette alla parola divina di ritornare ad essere fatto, avvenimento coinvolgente. Non si tratta dunque soltanto di "leggere" qualcosa per "farsi capire". Si tratta di permettere alla parola di "accadere". In altre parole: si tratta di andare oltre la lettura di un testo. Si sta svolgendo un  “rito”, un’azione. Gli elementi visivi, i gesti, i canti, i suoni, i profumi... tutto l’insieme parla.

Liturgia muta, e assemblee sorde...
2) Quando uno parla, se non emette voce nessuno può sentire. È il suono che permette di recepire il messaggio. Entrando nella liturgia, entriamo in un regime di mediazione, dove svariati segni ci prendono per mano e ci accompagnano all'incontro con Dio.
Se non si fa attenzione a questo insieme di segni, e all’equilibrio che lo regola, rischiamo di avere una liturgia “muta”. E d’altra parte, se chi dovrebbe recepire ha il cerume nelle orecchie, abbiamo parimenti una liturgia “sorda”. Inutile alzare fastidiosamente il volume. Prima togliere il cerume...

Una parola pervasiva: nonsololeletture
3) La parola anima la liturgia in tutte le sue dimensioni, non solo nelle "letture". I versetti, le antifone, i dialoghi tra il celebrante e i fedeli... sono tutti ispirati alla Parola di Dio. "Il signore sia con voi" "E con il tuo spirito" "vi benedica Dio onnipotente...": dall'inizio alla fine tutta la celebrazione vive di riferimenti costanti alla parola divina. A volte i nostri maldestri interventi per rendere la liturgia "più partecipata" o "più comprensibile" rischiano proprio di cancellare questo riferimento così importante e decisivo. E' quello che è successo ad esempio con il canto: invece dei canti biblici, si è finito per proporre i "nostri" canti, spesso usa-e-getta, qualcuno incapace di nutrire in profondità la vita cristiana.

Un evento sempre nuovo
4) Anche per i sacramenti vale lo stesso discorso: essi provengono, rimandano, interpretano la parola divina. Anzi: ogni volta che si celebra la parola parla in maniera diversa, alle diverse comunità, nelle diverse epoche della loro crescita e della loro esperienza (per inciso: anche i sacramenti sono "segni"; occorrerà dunque fare attenzione a non renderli troppo "misteriosi"; e porre uguale attenzione che non siano eccessivamente banalizzati.

Spazi e tempi
5) La celebrazione in concreto. Si svolge nello spazio e nel tempo. Per celebrare sono necessari tempi e spazi, non astratti, ma concreti e concretizzabili. Il tempo della liturgia della parola ha una dimensione caratteristica: l'alternanza. Si tratta di una struttura dialogica: Dio parla, l'uomo risponde. Il dialogo si svolge secondo modalità che non decidiamo noi, che non rispondono al nostro capriccio, ma alle esigenze profonde della storia della salvezza.

Terzo incontro: i generi letterari (ovvero: Dio ci parla alla maniera di uomini)

Una parola che disseta
"O voi tutti assetati venite all'acqua..."
L'acqua viva, fresca, dissetante, è l'acqua della parola divina. Essa ha la capacità di saziare la nostra sete. Nella Parola di Dio c'è tutto ciò che in profondità desideriamo. Perché allora a volte ci rivolgiamo altrove? Perché andiamo in cerca di altre parole, altre immagini altri messaggi, che costano di più e lasciano il vuoto dentro? Anche questo è già scritto nella Bibbia: "Perché spendete il vostro denaro per ciò che non è pane? Il vostro guadagno per ciò che non sazia?

Il fascino di altre parole
Il problema si ripropone di frequente anche nella catechesi, nella predicazione, nella realizzazione di attività parrocchiali. Un giorno, mentre si organizzava una veglia con il gruppo scout, uno dei capi salta su e dice "Ma perché dobbiamo usare per forza la Bibbia? Usiamo un altro testo, un'altra canzone, qualcosa di più vivo...". Ma non solo per gli scout: anche per gli adulti delle nostre comunità è spesso difficile entrare in sintonia con la parola divina (o forse, è il nostro modo di presentarla?). Una sera nella mia parrocchia una catechista dei genitori mi confidava: "abbiamo cominciato a leggere di Abramo... e le mamme hanno detto: «Ma la Bibbia? Parliamo dei nostri problemi»". Parliamo dei nostri problemi: quali sono poi? Il lavoro che non c'è, il matrimonio che è fallito, i figli che fanno arrabbiare, una vita che non va come si vorrebbe... Scava scava qual è il problema? Il vero problema è mantenere la fiducia. Continuare a lottare, a sperare, anche se ci sono segnali in quantità che remano contro, che mettono i bastoni fra le ruote, che frenano ogni slancio... anche se non si vede una soluzione a portata di mano. Sperare, proseguire, avere fiducia: questo è esattamente il problema di Abramo. "Esci dalla tua terra e va' dove ti mostrerò...". Abramo che, dice Paolo, seppe "sperare contro ogni speranza". Solo questa è la parola risolutiva, che ogni volta che viene riletta può (potrebbe, non è automatico...) parlare ai nostri cuori.

Dio parla alla maniera umana
Nella parola divina parla lo Spirito Santo. Ma parla "con parole di uomini e alla maniera umana". Abbiamo sentito la volta scorsa che cosa significa questo: essere uomini significa essere immersi nello spazio e nel tempo. Gli autori biblici scrivono nella lingua del loro tempo, secondo le convenzioni letterarie della loro epoca, secondo il modo di pensare di quella regione: tutto questo è irrimediabilmente lontano dalla nostra cultura. Per noi si tratta di riconoscere la voce dello Spirito nella voce del profeta, del salmista, del cantore del re che invoca la sconfitta dei nemici. Dio ci parla nei racconti come nelle poesie, in un proverbio o in una parabola... alcuni di questi modi di esprimersi sono ancora abbastanza simili ai nostri. Altri sono totalmente dimenticati. Ma perché deve essere tutto così difficile? Spesso qualcuno me lo chiede. In realtà, la difficoltà proviene proprio dal fatto che la parola divina si è talmente, per così dire, "abbassata" al nostro livello, che rischiamo di vederla troppo umana, troppo lontana.

Dentro una storia di salvezza
Nelle lodi della domenica c'è un salmo che suona ai nostri orecchi feroce: "Esultino i fedeli nella gloria... la spada a due tagli nelle loro mani". Come possiamo pregare quello che sembra un salmo violento e vendicativo? Il discorso si fa più semplice se consideriamo, oltre all'epoca storica, anche il suo genere letterario. Si tratta di un salmo di battaglia. Che recupera modalità proprie dei canti di guerra. Attenzione però: non è un vero canto di guerra. Il ritmo, l'andamento, la tematica... ma non la guerra vera e propria. I brani della Scrittura denunciano la loro antichità. Non hanno vergogna di mostrare le rughe e le crepe. In esse sta la loro bellezza: come noi oggi ammiriamo il castello di San Giorgio, proprio perché è antico. Proprio perché ha l'aspetto romantico di una fortezza antica. Anche se di fatto, probabilmente solo per uno o due secoli ebbe la funzione di vera e propria fortezza militare. Poi divenne reggia. Qualcosa di simile avviene per i passi biblici: le loro forme arcaiche si rivelano per noi sorprendentemente accoglienti e affascinati. E ci fanno toccare con mano il progresso della storia della salvezza.

Come conoscere i generi letterari
A questo punto potrei fare una sfilza di esempi. Potrei aggiungere un lungo elenco di generi poetici e narrativi, nonché di prosa sapienziale, che si trovano nella Scrittura. Ma questo non è utile. Parla solo al cervello, ma non arriva al cuore. Preferisco invece suggerire una via. La via liturgica, la via dell'esperienza. D'ora in poi, rendiamoci più attenti al genere letterario delle letture che proclamiamo, e di quelle che ascoltiamo. Non sentiamoci protagonisti solo quando tocca a noi leggere. Siamo invece veramente protagonisti quando ascoltiamo. Non con il mirino puntato (guarda quello come ha letto bene... o quell'altro come legge male...), ma con l'orecchio ben collegato con il cuore. Ascolta come Dio ti parla. Nelle parole del profeta. Nei precetti della Legge. Nel resoconto storico. Nella musicalità del salmo... E quando leggi, trova il modo di esprimere di volta in volta la forza, la musicalità, la dolcezza necessaria. Ogni domenica allora può diventare come una lezione... non una lezione astratta. Ma una lezione viva.