Compiti tempo di esame 2014

14 gennaio

Isaia 49,3

וַיֹּמֶר לִי עַבְדִי אתָּה ישׂרָאֵל

E-disse a-me tu servo-mio Israele

וַיֹּמֶר “e disse”. Si tratta di una delle forme più ricorrenti della lingua biblica; la congiunzione we con vocalizzazione forte si unisce all’imperfetto del verbo, per esprimere un’idea di successione; si può chiamare forma narrativa, o wayyiqtol. La radice verbale è אמר, che esprime l’idea del parlare.

לִי “a me”. La preposizione לְ si unisce al pronome-suffisso di prima persona singolare.

עַבְדִי “servo-di-me”. Il sostantivo עֶבד “servo” presenta qui una vocalizzazione diversa, che viene usata quando è in congiunzione con il pronome suffisso.

אתָּה “tu [sei]”. Pronome personale di seconda persona singolare maschile. Abbiamo qui una frase nominale, che necessariamente nella traduzione italiana viene resa esplicitando il verbo essere.

ישׂרָאֵל “Israele”. Nome proprio del popolo, qui con funzione di vocativo; nessuna particella interiettiva è usata per esprimere il vocativo.

È l’apertura della prima lettura della II Domenica del Tempo ordinario. Il riconoscimento dell’intero popolo di Israele come “servo di Dio” è una delle acquisizioni teologiche più importanti dell’Esilio.

15 gennaio

Isaia 49,4a
וַאֲנִי אָמַרְתִּי לְרִיק יָגַעְתִּי

waʾănî ʾāmartî lərîq yāgaʿtî

e-io dissi per-vuoto faticai

Analisi

וַאֲנִי “ed-io”. Il pronome personale di I persona è qui unito con la congiunzione וְ (e); la successione di due sillabe con shewa (la seconda con consonante gutturale) produce l’esito che si può vedere: il primo shewa scompare, e si trasforma nella vocale breve corrispondente al secondo.

אָמַרְתִּי “dissi”. La radice verbale è אמר, che esprime l’idea del “dire, parlare”, ed è spesso usata per introdurre un discorso diretto. Il verbo è al perfetto qal, I persona singolare.

לְרִיק “invano”. La preposizione semplice לְ (a, per) unita al sostantivo רִיק (vuoto, vanità). Il sostantivo è usato praticamente solo in questa locuzione avverbiale, con il significato di “invano, inutilmente, a vuoto”.

יָגַעְתִּי “faticai”. La radice verbale è יגע (faticare, stancarsi); questo è un altro bell’esempio di perfetto qal, I persona singolare.

Commento

Abbiamo qui un raro esempio di rima interna all’emistichio; la rima non è molto apprezzata nella poesia ebraica (anche se qui svolge una sua funzione, come vedremo). Il verso presenta tre allitterazioni fondamentali: alef, resh, gimel-ayin-qof che gli danno un andamento quasi singhiozzante, di chi è prostrato dalla fatica; la rima serve ad accentuare l’effetto.

16 gennaio

Isaia 49,4b

לְתוֹהוּ וְהֶבֶל כֹּהִי כִלֵּתִי

ləṯôhû wəheḇel kōhî ḵillēṯî

Commento

Nella secondo emistichio vediamo l’allitterazione di he, che produce un andamento ansimante. Si vuole esprimere l’idea poetica della fatica e dello sforzo inutile.

25 gennaio

Testo ebraico


הוֹד֣וּ לַיהוָ֣ה כִּי־ט֑וֹב

כִּ֖י לְעוֹלָ֣ם חַסְדּֽוֹ׃

Traduzione e traslitterazione

Lodate al-Signore perché-buono
perché per-eternità grazia-sua

NB: scarica sotto l’allegato per l’esercizio.

AllegatoDimensione
sal_118_lodate-1.pdf182.72 KB

29 gennaio

Sal 118,2

Testo e traduzione


יֹאמַר־נָא יִשְׂרָאֵל
כִּי לְעוֹלָם חַסְדּוֹ

Lo dica-orsù Israele
che per-sempre la-grazia-sua.

Commento

יאׂמַר Dalla radice אמר (parlare), imperfetto qal III persona singolare maschile.
נָא si tratta di un’interiezione (che si potrebbe tradurre con “su, dai, orsù”, ma che di fatto risulta intraducibile, e che il più delle volte non è necessario rendere con un corrispondente italiano: accompagna infatti strettamente il verbo (si noti il trattino) e ne enfatizza il valore volitivo-esortativo.
יִשׂרָאֵל il nome proprio del popolo qui sembrerebbe indicare una componente ben precisa dell’assemblea liturgica.