Primo incontro: nella Quaresima 2009 Dio ci parla.

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“Lasciatevi riconciliare con Dio”

La chiamata a conversione nella Quaresima 2009
(invece di una prolusione generica su “La parola di Dio nella vita della Chiesa”)

La situazione apostolica

La lettura che abbiamo ascoltato, dalla liturgia del mercoledì delle Ceneri, ha aperto la celebrazione della Quaresima; e sempre la dovrebbe accompagnare. Essa ci riporta all’epoca apostolica, e alla situazione-tipo dell’annuncio: da un lato l’apostolo, il testimone autorevole, colui che ha visto il risorto, colui che ha ricevuto una chiamata da Dio; dall’altra parte la comunità:nella fattispecie, la comunità dei Corinzi.

La comunità dei Corinzi

Non si trattava di una comunità modello, anzi è forse la chiesa che più di ogni altra ha fatto soffrire l’apostolo. Litigiosi, insofferenti, amanti del successo, delle apparenze, sempre alla ricerca di un uomo forte da seguire, di personaggi carismatici a cui aggrapparsi. Paolo li incontra più volte, più volte scrive loro. Il suo rapporto tormentato con la chiesa di Corinto è testimoniato drammaticamente nelle due lettere ad essi intitolate.

Al servizio del protagonista

Paolo si deve difendere: siamo collaboratori di Dio. Ai Corinzi, che cercavano personalità forti, che volevano essere guidati da persone prestigiose, Paolo ricorda che egli ha inteso annunciare loro il Dio di Gesù Cristo, che egli è un “ambasciatore”, che porta una parola non sua. Sono parole che suonano come una critica, che possono suonare estremamente deludenti: Dio, Gesù Cristo non sono cose che si vedono, che assicurano prestigio, o che scatenino immediatamente reazioni di amore-odio. Non è una bandiera visibile, come dire “io sto con Obama” o “io sto con McCain”, io tengo l’Inter, io la Juve, io il Milan... Paolo dice “io sto con Gesù. Sono al suo servizio. Questo significa andare oltre i gruppi, le classificazioni, le animosità umane. E significa anche mantenere una posizione defilata. Il protagonista è Dio.

Al servizio di un evento

“Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo”. L’annuncio sconvolgente dell’apostolo è devastante per le pretese orgogliose e oltranziste dei Corinzi. Essi vorrebbero un protagonista umano, uno che vince, uno che si impone con la forza. Per questo cercavano l’abbondanza dei doni e dei carismi: guarigioni, parlare in lingue, segni miracoli... nulla di tutto questo è dato a loro. “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore”. Ai Corinzi orgoliosi è dato unicamente Cristo crocifisso, segno dell’amore del Padre. E un semplice apostolo che lo testimonia, che fa da suo collaboratore: “vi supplichiamo, in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio”.
Dall’attesa di una parola umana, si passa al dono di una parola divina, anzi di un evento. Dalla ricerca del successo, i Corinzi sono chiamati a riconoscere il loro peccato, e a riconoscere che solo in Gesù essi possono diventare “giustizia di Dio”. Dalla voglia di protagonismo, essi sono richiamati al vero protagonista che è Dio: “lasciatevi riconciliare con Dio”. Dalla ricerca di un capo carismatico (un leader, un Fuehrer, un duce, un divo, un campione, un idolo...) essi sono richiamati ad accettare... Paolo. L’apostolo, il testimone, il collaboratore.

La parola della riconciliazione

Questo messaggio sorprende noi oggi: anche noi vorremmo una Chiesa forte, una comunità che si impone, un annuncio facile, la Messa piena, l’oratorio zeppo di bambini e di giovani... le parole dell’apostolo invece ci riportano a ciò che veramente è importante: la parola della riconciliazione. Quello che Dio già sta facendo nel mondo.

I lettori? Non servono!

Ora voi vi starete chiedendo: ma che c’entra tutto questo con il corso per i lettori? Vorrei da subito farvi notare una particolarità. Sembra una provocazione, ma va capita bene. Sarà sempre molto utile ricordarla. Nella situazione che abbiamo appena descritto, non c’è nessun bisogno di un lettore. C’è Paolo, c’è la comunità. Tutt’al più, potremmo citare i collaboratori di Paolo. Tutto si gioca tra l’apostolo e la chiesa. I quali peraltro non sono i veri protagonisti: ciò che preme a Paolo è appunto mostrare che il vero protagonista è Dio. Dove c’è l’apostolo, e dove c’è la comunità, non c’è bisogno neanche di Bibbia, di lezionario, di libretti o di foglietti: si ascolta, si prega, si interroga. E però... Tutto questo discorso ha un però. Questo però lo diremo poi.

Chi fa la Liturgia della Parola?

Ora prendiamo un altro testo. E’ nell’introduzione al nuovo lezionario, anno A (c’era anche in uno dei vecchi lezionari, non ricordo più quale). Al capitolo III, quando si parla dei compiti nella liturgia della parola, al primo posto viene “colui che presiede”. Ed è logico: egli tiene il posto dell’apostolo. Ma al secondo posto, c’è l’assemblea. Punto 2, paragrafo 44: “Compito dei fedeli nella liturgia della Parola”.
Questo è quello che ci manca. Renderci conto che l’assemblea ha un suo “compito”. Un incarico. Nella settimana della chiesa mantovana il relatore ce lo aveva ricordato. Ma si fa presto a dimenticarlo. “Partecipazione attiva” non significa che tutti o il maggior numero possibile di persone hanno “qualcosa da fare”. Ma che tutti fanno la stessa cosa. Che tutti vivono la stessa realtà. Qual è il tuo compito nella Messa, anche se non hai da leggere, né da servire all’altare, né da portare i doni, né da spegnere un interruttore, e neanche da tenere buono il micio del parroco? Il tuo compito è ascoltare. Ascolto attivo, partecipazione attiva: Dio sta parlando.

Che cosa sta succedendo nella Quaresima?

Leggiamo dunque il n. 44: “Per mezzo della Parola di Cristo il popolo di Dio viene adunato, accresciuto e alimentato, «e questo vale soprattutto per la liturgia della Parola, nella celebrazione della Messa, nella quale si realizza un’unità inscindibile fra l’annuncio della morte e risurrezione del Signore, la risposta del popolo in ascolto e l’oblazione stessa con la quale Cristo ha confermato nel suo sangue la Nuova Alleanza: oblazione a cui si uniscono i fedeli sia con le loro preghiere sia con la recezione del sacramento». Infatti «non soltanto quando si legge ciò che fu scritto per nostra istruzione (Rm 15,4), ma anche quando la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, e le menti sono sollevate verso Dio, per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia».
Nella liturgia della Parola, per mezzo dell’ascolto della fede, anche oggi l’assemblea dei fedeli accoglie da Dio la parola dell’alleanza, e a questa parola deve rispondere con la stessa fede, per diventare sempre più il popolo della Nuova Alleanza.”
Non voglio rubare il tema della prossima relazione. Don Daniele Piazzi, nel prossimo incontro, spiegherà ampiamente la liturgia della parola. Ci basti ricordare questo: quando ascoltiamo la parola di Dio avviene qualcosa. Avviene un’alleanza. Non si tratta solo di ascoltare delle cose. Si tratta di entrare in un evento. L’avvenimento della Nuova Alleanza. E’ il segreto a cui conduce tutta la storia della salvezza. Ed è esattamente il tema della Quaresima 2009.

Il percorso dell’Alleanza nelle prime letture

Nella I domenica di Quaresima abbiamo ascoltato l’alleanza con Noè: dopo il diluvio Dio si impegna a non distruggere più l’umanità. Qui la sua parola si configura come impegno solenne. E lo stesso avviene nella I lettura di domenica prossima: Dio chiama Abramo. Lo chiama al sacrificio, lo chiama ad una prova. La parola divina non ci lascia mai tranquilli. Ci fa sempre uscire dalle nostre certezze. Abramo ascolta, si fida, obbedisce. Si incammina per una strada che non conosce. Ma per questa strada trova la rivelazione di Dio: “non fare alcun male al ragazzo”. La parola divina diviene benedizione eterna.
Nella terza domenica di Quaresima abbiamo invece i comandamenti. Ancora una volta, una parola carica di azione. Una parola che indirizza la vita. Ma soprattutto, una parola che è come una roccia, una realtà solida, su cui si può edificare un popolo. I dieci comandamenti sono le parole dell’alleanza, che il popolo si impegna a seguire. Riusciranno i figli di Israele a seguire l’alleanza divina?
La quarta domenica ci mostra il fallimento del popolo. Dio si è impegnato, ha concesso la sua grazia al suo popolo. Ma il popolo non è stato capace di seguirlo. Gerusalemme è distrutta. Eppure, le parole divine non perdono valore, l’impegno solenne di Dio non viene meno. Dio continua a guidare la storia, e attraverso il re straniero, Ciro, ridà speranza al popolo. Dopo il tempo dell’Esilio, è possibile ripartire, per tornare a Gerusalemme e riedificare quello che era distrutto.
Nella quinta domenica di Quaresima ascolteremo le parole del profeta Geremia, che annuncia la nuova alleanza. Qualcosa che va oltre la legge scritta, che gli uomini non sono stati in grado di osservare. Una legge scritta nei cuori. La profezia di Geremia ci conduce dritti alla grande Settimana Santa, in cui Gesù, prima della sua passione, prende il pane, il calice, e dice quelle parole “questo è il mio sangue dell’alleanza”. Il Vangelo annuncia che la Nuova Alleanza si è compiuta in Cristo.

Dio parla al suo popolo

Concludendo: in questa Quaresima Dio ci vuole parlare. Non semplicemente per intrattenerci, o per consolarci dei nostri malanni. Dio ci vuole parlare per fare alleanza con noi, e noi sappiamo che il suo fare alleanza è un donare se stesso. Nuova Alleanza significa che Dio si dona a noi; il grande dono, il grande segreto, non è un “qualcosa”: è lui stesso, che si comunica e si dona.
Il nostro compito, il nostro compito come assemblea, è di lasciarlo parlare, anzi di ascoltare, o meglio, di obbedire, o meglio ancora, di lasciarlo fare, di lasciare spazio alla sua azione. Ciò che fa il presidente è al servizio dell’azione di Dio. E il presidente non ne è il padrone: è il collaboratore, l’ambasciatore, il ministro dell’incontro tra Dio e il suo popolo. Questa è un’immagine molto bella: quando Dio ci parla, ci vuol sposare, ci vuole abbracciare, ma non solo noi come singoli, noi come Chiesa, noi comunità viva. E però, allora, i lettori a che servono? Dicevamo sopra che i lettori potrebbero anche non esserci. Se c’è l’Apostolo, se c’è la sua comunità, quasi quasi si fa a meno anche del libro. Ma c’è un però.

I lettori? Servono!

Paolo non poteva essere presente nella comunità dei Corinzi. Era stato cacciato via. Non poteva così facilmente ritornare. Per questo scrive le sue lettere... e chi le leggeva? Dobbiamo tornare al mondo antico, dove la parola scritta è preziosa. Qualcuno consegnava la lettera dell’apostolo, qualcun altro la leggeva in pubblico. Così è avvenuto per ogni altro evento della storia della salvezza, dell’Antica e della Nuova Alleanza: sono stati scritti, non per essere letti in privato, ma letti in pubblico. Ridiventano vivi solo quando qualcuno li proclama di nuovo... qui si innesta il ministero del lettore. La cui caratteristica prima deve essere l’umiltà e la limpidezza. Umiltà, perché legge una parola non sua. Limpidezza, perché deve trasparire nelle sue parole la voce di Dio.
Generalmente, questo non si può improvvisare. Si corrono due rischi estremi: da un lato la sciatteria, una lettura anonima e insipida. Dall’altro, l’eccesso e l’esibizione. In mezzo, sta la porta stretta. Di chi si mette, chiamato dal suo parroco, a servizio della parola. Non per essere protagonista nella proclamazione. Ma perché qualcun altro possa essere protagonista dell’ascolto.