V Domenica di Quaresima: Se il chicco di grano...

Vogliamo vedere Gesù

L’essere umano è naturalmente curioso. Vuole vedere, essere informato, capire. Inoltre, tende a condividere, a diffondere la sua curiosità. Si lascia facilmente condizionare da ciò che interessa a tutti. Il moto istintivo della curiosità e del passaparola è certamente umano, ma non necessariamente fa crescere la persona. La curiosità ha un pregio, ma anche un limite: non assicura il passaggio al vero coinvolgimento. L’uomo televisivo-informatico dei nostri tempi è certamente un individuo curioso, che vuol essere informato. Ma rischia di essere anche un individuo pigro, che rifiuta di essere “formato”. I greci che vogliono “vedere Gesù” sono spinti dalla curiosità, o da qualcosa di più? Vogliono essere solo informati, o anche lasciarsi trasformare?

Andò a dirlo

È dunque quasi provvidenziale che la richiesta degli stranieri non incontri un’immediata risposta (forse qui “greci” indica persone “di cultura greca”, che parlavano la lingua e seguivano la cultura dominante in tutto il bacino mediterraneo, e che nello stesso tempo erano interessate alla religione giudaica): è necessario un duplice passaggio, da un discepolo all’altro, prima di arrivare a Gesù. Nel brano si riflette anche probabilmente la situazione storica della comunità giovannea, intorno alla fine del primo secolo dopo Cristo, quando moltissime persone di cultura greca si interessavano e si avvicinavano al vangelo, e dovevano necessariamente passare per la mediazione apostolica. Nel brano possiamo vedere oggi la nostra situazione: anche noi, come i greci, non abbiamo un accesso diretto a Gesù, ma dobbiamo ricorrere alla mediazione della Scrittura, della testimonianza della Chiesa, dell’esperienza liturgica. La presenza di mediazioni costituisce certamente una difficoltà, e tuttavia proprio l’ostacolo fa da filtro e banco di prova: chi è animato da un reale interesse, arriverà un giorno a “vedere”. Chi è animato solo da sterile curiosità, finirà per tirarsi indietro.

La curiosità mediatica

Nella nostra epoca ha assunto una particolare consistenza la curiosità – per non dire l’invadenza – mediatica. Sento molte persone addolorate per la cattiva immagine, o le cattive figure della Chiesa nel mondo dei mass media. È un problema complesso, che non si potrebbe liquidare in poche righe. Invece noi lo liquidiamo qui, cogliendone soltanto un aspetto, anzi due: in primo luogo, non è detto che una Chiesa con una buona immagine, capace di tramare per avere un buon trattamento da parte dei media, sia migliore di una Chiesa sprovveduta e maltrattata. Certo, ci vorrebbe forse accortezza e sapienza, ma qui il discorso si farebbe troppo ampio e lo chiudiamo subito. In secondo luogo, come mostra il Vangelo di oggi, scopo della Chiesa è condurre a Gesù. E per arrivare a lui, è necessario il contatto personale. Non si arriva a Gesù tramite televisione, né attraverso i giornali (neppure la Cittadella!). Si arriva a lui se si salta il gradino della curiosità, e si entra nel coinvolgimento.

L’ostacolo superato

L’immagine del gradino potrebbe far pensare che semplicemente con le energie umane si possa “arrivare a Gesù”. In realtà è lui che è arrivato a noi, e che ancora oggi si fa incontro a noi. La parabola del chicco di grano illustra la profondità della comunicazione che avviene tra Gesù e noi: Gesù è quel seme, che accetta di lasciarsi consumare e quasi distruggere, per mettere radici profonde nella storia umana. Gesù è quel seme, che arriva a far fruttificare il deserto arido della storia, con tutte le sue contraddizioni e strutture di peccato. Tutto questo ci incuriosisce, ci interessa, ci attrae: ma il movimento decisivo è compiuto da Gesù stesso. Donando la vita, egli ci porta fino al coinvolgimento, se non ci tiriamo indietro.

Dove sono io…

“Chi ama la sua vita la perde”. Sono tra le parole più attestate di Gesù, riportate in tutti gli scritti evangelici. “Chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. Giovanni le tramanda secondo una sua precisa prospettiva: la contrapposizione tra il “mondo” e la “vita eterna”. Non dobbiamo trasformarla in una contrapposizione temporale: al di qua e al di là, la vita terrena, la vita del paradiso. Si tratta di una contrapposizione qualitativa, che avviene nel tempo, nel nostro tempo, nel tempo della nostra vita. Ogni giorno siamo chiamati a deciderci tra il “mondo”, lo stile di vita mondano, la dispersione nella curiosità, nella chiacchiera, negli affanni angosciati per il benessere, e la “vita eterna”, che è ciò che già ora ci fa partecipare al modo di vivere di Gesù: colui che dona, colui che ama, colui che non cerca il proprio interesse, colui che non ha paura di “perdere la vita” per il Padre.

Di fronte alla paura

“Ora l’anima mia è turbata”: anche Giovanni, come gli altri evangelisti, riporta il drammatico faccia a faccia di Gesù con la sua morte. E tuttavia lo risolve differentemente, sottolineando il suo totale affidamento al Padre: “Padre, glorifica il tuo nome”. Di fronte alla sua “ora” Gesù sperimenta il turbamento, avverte la gravità del momento, ma continua a vivere nella totale disponibilità al progetto di Dio. Questa certezza ci può accompagnare anche in momenti difficili. Molte persone in questo tempo soffrono e temono a causa di incertezze economiche, difficoltà lavorative, impossibilità a formulare progetti concreti a lungo termine. Il vangelo non offre soluzioni tecniche. Ma ci dona un indirizzo fondamentale, un atteggiamento di fondo che non si arresta neppure di fronte alla morte, e che quindi ci può aiutare a superare piccole e grandi crisi, che a volte spaventano più del dovuto. Potremo sperimentare la forza della presenza di Gesù solo se ci affidiamo a lui anche nel momento della prova.

29 marzo 2009
V Domenica di Quaresima

Geremia 31,31-34 Concluderò un’alleanza nuova e non ricorderò più il peccato.
Salmo 50 Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Ebrei 5,7-9 Imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza eterna.

Canto al Vangelo (Gv 12,26) Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.

Giovanni 12,20-33 Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto.

Vangelo

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.