VI Domenica di Pasqua B: amatevi gli uni gli altri

L’amore andata e ritorno

Difficile parlare dell'amore senza essere banali. Il Vangelo di Giovanni ci insegna come. Io non so se ho imparato. Proviamo.

La sorgente

“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”. L’amore viene dal Padre. Ha una fonte, un’origine che non è nostra. Ci attraversa, come il respiro. Non sappiamo spiegare la vita che è in noi: così non sappiamo spiegare l’amore. L’uomo tecnologico può controllare, arrivare fino a dominare la vita che è in lui. Allo stesso modo possiamo manipolare l’amore, costruirlo a nostra immagine: ciò significa degradarlo. Tuttavia è molto difficile ammetterlo. Rinnegare i nostri falsi amori, immagine degradata dell’amore che sgorga dall’unica sorgente, è come rinnegare noi stessi. Per questo Gesù diceva: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Paradossalmente, chi rinnega se stesso si trova: “Chi perderà la sua vita per causa mia, la troverà”. “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”: Gesù ci invita a tornare alla sorgente, che significa percorrere un cammino, passare attraverso lui. Perché solo in lui abbiamo accesso all’amore del Padre.

Il ritorno

Conosco già l’obiezione che si pone sulla bocca di molti: ma allora, i non credenti, i non cristiani, chi non crede in Gesù, chi non vive nella Chiesa? Sono tutti condannati? Non sanno amare? In realtà si tratta di un problema che è completamente estraneo all’ottica di questo brano. Gesù si rivolge ai suoi, a quelli che già sanno di essere stati scelti. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Gli “altri” sono per un momento scomparsi dalla scena. L’evangelista invita l’ascoltatore a mettersi, come il discepolo prediletto, sul cuore stesso di Gesù, e questo deve bastare. Non deve interessare la chiamata degli altri: importante è che i discepoli possano riconoscere la di essere stati scelti, per grazia. Ci sono momenti in cui è necessario tornare all’essenziale, senza lasciarsi soffocare dalle preoccupazioni. Invitandoci a tornare nel suo amore, radicato nell’amore del Padre, Gesù ci dà già, come una sorpresa, anche la risposta sugli “altri”. Non solo chi dimentica se stesso si ritrova: anche chi dimentica gli altri, per affidarsi a Dio, li ritrova nella giusta luce. L’amore che Gesù ci invita a ritrovare è talmente importante da far impallidire tutto il resto, ma è un amore fecondo: “Vi ho costituiti perché portiate frutto”.

Il frutto

La scelta di Dio infatti avviene perché sia possibile portare frutto. Chiaro qui il riferimento alla missione. L’amore del discepolo non resta confinato in lui, ma si allarga, si estende ad abbracciare il mondo, si diffonde. Una ulteriore specificazione viene aggiunta: “Perché il vostro frutto rimanga”. Si tratta di una critica fortissima alla nostra cultura dell’effimero, in cui diventa importante sedurre e agganciare le persone per un breve periodo: giusto il tempo di vendere un prodotto, di conquistare un voto, di ricavare un tornaconto da quel contatto (che non si può nemmeno chiamare “relazione”). “Portare frutto” per Gesù significa costituire relazioni stabili, solide, che rimangono nel tempo.

Il comandamento

Nella solidità sta la chiave per comprendere il “comandamento” e i “comandamenti”. Difficilmente nel pensiero moderno si riesce ad associare l’amore e il comandamento. Si sono riscoperti i sentimenti, le emozioni, la corporeità, la spontaneità, la piena libertà e responsabilità personale. L’amore è giustamente collocato nella sfera intima, inviolabile, incoercibile. Ma comandamento non significa coercizione: significa stabilità, solidità, affidabilità. Come Gesù è indissolubilmente unito al Padre. Come Gesù è irrevocabilmente legato ai discepoli. Può essere vero amore quello che viene e va, secondo le occasioni? Ci siamo rassegnati a dire di sì. Ci siamo rassegnati a non crederci più.

L’amore più grande

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Gesù ci ha rivelato che esiste ancora l’amore grande. Non lo ha rivelato con un concetto, con un’esposizione filosofica: lo ha manifestato nella sua vita. Non lo ha dimostrato solo con le parole: lo ha espresso con i fatti. I suoi discepoli a loro volta non ne hanno fatto soltanto un’esposizione teorica. Tutti i grandi santi, in tutte le epoche della storia, hanno trovato il modo di vivere concretamente questo amore.

Vi ho chiamato amici

L’amicizia è il punto di arrivo: vale a dire, la reciprocità. L’amore vero si dona anche a chi lo rifiuta. L’amore vero non guarda al contraccambio. E tuttavia diviene perfetto solo quando è riconosciuto. Ora, prima di pretendere che il nostro amore sia riconosciuto dagli altri, chiediamoci: io riconosco l’amore che ricevo da Cristo? Sono suo amico? In altre epoche della storia della Chiesa il precetto dell’amore di Dio aveva oscurato l’attenzione al prossimo. Non è il nostro problema. Non sappiamo più rispondere all’amore di Cristo. E quindi si è persa anche la bussola dell’amore del prossimo. Ricominciamo ad essere amici di Gesù.