Il verbo ebraico

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Abbiamo già visto come ogni parola ebraica si possa fondamentalmente ricondurre a una radice bilittera o trilittera. Le ulteriori specificazioni (sostantivi, verbi, aggettivi) derivano dall’aggiunta di suffissi, prefissi, e da modificazioni nella struttura vocalica.

Anche le forme verbali dell’ebraico seguono lo stesso meccanismo, in una modalità che conferisce al verbo ebraico un’estrema flessibilità e versatilità.

Il verbo ebraico non sottolinea l’aspetto temporale (come il latino) né possiede la complessa struttura modale del greco; esso evoca invece con vivacità le diverse qualità dell’azione. L’ebraico antico anche in questo sembra essere più attento alla freschezza narrativa, all’allusività poetica che alla precisione filosofica o alla consequenzialità logica.

Abbiamo dunque alcune forme fondamentali in cui la radice verbale può presentarsi:

forma qal attiva e passiva (non moltissimo usata). Qal significa “leggera”, indica sostanzialmente il senso base della radice verbale, senza ulteriori determinazioni.

forma nif‘al. Ha un senso che equivale a un riflessivo o a un passivo italiano. Si forma premettendo il prefisso נ (n-) alla radice verbale.

forma pi‘el (passivo: pu‘al). È la forma intensiva-rafforzativa. Indica una particolare intensità nell’azione significata dalla radice verbale. Si caratterizza per il raddoppiamento della consonante mediana.

forma hif‘il (passivo: hofal. Modifica in senso causativo l’azione indicata dalla radice verbale: esprime dunque il “far fare”. La sua caratteristica è l’aggiunta del prefisso ה (h-) alla radice verbale, con l’allungamento della vocale della sillaba mediana.

forma hitpael. Dà alla radice un significato reciproco. Consta dell’aggiunta del prefisso הִת (hit) alla radice verbale.