“Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla”
il salmo 22 trasmette una sensazione di pienezza, in cui non si avverte il bisogno di altri piaceri, di altre compensazioni, di altre soddisfazioni, all’infuori della presenza di Dio. A dire il vero non si tratta forse una condizione abituale: guardandosi attorno, si vede una massa di gente agitata: che cosa cerca? Che cosa si illude di poter trovare?
“Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me”
Atti 2,14.36-41 Dio lo ha costituito Signore e Cristo.
Salmo 22 Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
1Pietro 2,20b-25 Siete tornati al pastore delle vostre anime.
Alleluia (Gv 10,14) Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Giovanni 10,1-10 Io sono la porta delle pecore.
In quel tempo, Gesù disse:
Commento: dalla fede mediatica alla fede personale
Lontano dal cuore
“perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa”: lo stesso testo viene citato nel discorso di Pietro. Solo che l'evangelista, che scrive in greco, cita il salmo secondo la versione greca, che tende ad usare concetti astratti, e parla di "corruzione". Il testo ebraico è molto più concreto: "non lascerai che il tuo fedele veda la fossa". Il senso originario del salmo è che Dio impedirà che il suo fedele veda la morte.
"consegnato a VOI secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio
VOI per mano di pagani, l’avete crocifisso"
"Carissimi, se [lo] chiamate Padre... comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri": l'appellativo "padre" dice confidenza, abbandono, affetto, certezza di incontrare misericordia. Perché allora si riprende il richiamo al timore di Dio? Si vuole prevenire il rischio di svalutare il dono della fede e della grazia. E' una tentazione certamente possibile: pensare che, dal momento che Dio è buono, tutto ci sia concesso. Certamente Dio è buono, ma nel momento in cui pensiamo così il suo amore non può crescere in noi.
erano perseveranti: il risultato della Risurrezione e della Pentecoste è una situazione di “perseveranza”, termine che per due volte è ripreso nella lettura. Essa non va confusa con una semplice “ostinazione” umana: si tratta infatti di un atteggiamento stabile che nasce dall’incontro con il Risorto e dal dono dello Spirito, non di un semplice atteggiamento moralistico.
“Dica Israele: «Il suo amore è per sempre»”
Il salmo si presenta come una grandiosa liturgia corale, in cui il maestro del coro chiama tutti i partecipanti alla ripetizione del ritornello. Il primo gruppo chiamato è quello dei figli di Israele, il popolo eletto, la comunità di coloro che si sanno salvati dall'Egitto e che hanno speranza di essere ancora salvati da Dio, perché appunto “il suo amore è per sempre”. Il Dio che ha salvato i padri, riscatterà ancora il suo popolo. Su questa convinzione poggia saldamente l’annuncio apostolico: “Cristo è risorto secondo le Scritture”.