Lateranense - Meditatio

Sintesi delle osservazioni:

Il brano si divide in due parti, entrambe concluse dalla menzione del ricordo dei discepoli: “si ricordarono che sta scritto”, “si ricordarono che Gesù aveva detto”.
La prima parte riguarda il tempio (di pietra) da purificare. La seconda parte riguarda il tempio (nuovo, vivente) che è il corpo di Gesù, destinato ad essere distrutto e a risorgere.
Nella prima parte abbiamo un gesto profetico da parte di Gesù, sulle orme degli antichi profeti, che viene correttamente individuato come tale dai discepoli. Nella seconda parte abbiamo la giustificazione dell’autorità profetica di Gesù, partendo dalla domanda dei Giudei: “Quale segno ci mostri…?”. Ma la risposta presenta un’eccedenza: egli non solo è profeta, ma è anche il nuovo tempio, e ciò non viene provato solo dall’antica Scrittura, ma dalle parole e dai gesti di Gesù (risurrezione dai morti).
La conclusione annota il progresso nella fede dei discepoli, che credono nella Scrittura e insieme alle parole dette da Gesù.

Certamente abbiamo qui un Gesù “appassionato”, carico di “zelo”, come gli antichi profeti. Non del tutto pertinente è invece dire che è “arrabbiato”: il suo gesto è ben consapevole, e non nasce da uno scatto d’ira. Gli interlocutori lo comprendono bene, e difatti la domanda verte sul “segno”, sull’autorità che egli si attribuisce per compiere simili gesti (non gli chiedono: “perché ti arrabbi così?” o “non ti sembra di esagerare?": sembrano dare per scontato che Gesù ha ragione). Le parole e le azioni di Gesù riguardo al tempio non sono nulla di nuovo nella Scrittura: più volte gli antichi profeti avevano denunciato gli abusi del culto corrotto, l’inutilità di un culto sacrificale vuoto, e financo la distruzione del tempio. Rispondendo ai suoi interlocutori, Gesù pronuncia un’ulteriore parola profetica, che diverrà comprensibile solo dopo la sua Passione: è lui il nuovo tempio, in cui, dopo la risurrezione, gli uomini avranno accesso al Padre.

* Lo zelo: è un brano che spinge a prendere posizione. Gesù mette tutto se stesso nella sua opera. Zelo qui significa amore, passione, dedizione totale. Spesso invece noi viviamo la tentazione opposta: di tirarci indietro, di lasciarci andare. Tanto poi qualcuno lo farà al nostro posto. Per esempio quando si svolge un servizio in parrocchia, soprattutto un servizio educativo, e sembra di non aver nulla in cambio, di non ottenere nessun risultato. Gesù va fino in fondo: fino a pagare di persona. Fino a che il nuovo tempio non viene ricostruito.

* La dinamica dell’incomprensione. “Ma egli parlava del tempio del suo corpo”: ciò che fa Gesù non è del tutto comprensibile, subito. Diverrà chiaro più tardi. Anche per noi c’è un “dopo”, anche per noi si verifica una crescita nella comprensione, oppure un ritardo. Egli non è solo il Maestro, il Salvatore del passato: oggi egli è il tempio. Ciò comporta un decentramento: smettere di fissarci sui nostri pensieri, smettere di pregare solo per sé o per i propri bisogni, smettere di “andare a Messa” come un’atto solo esteriore: lì si incontra lui, il suo corpo, la sua persona, la sua presenza che dà accesso al Padre… superare l’incomprensione significa avere più fiducia in lui, mettere da parte i propri progetti, rimettere in discussione i propri (pur buoni) programmi, aprirsi finalmente a ciò che lui vuol dire…

* “distruggete questo tempio”: il tempio materiale deve essere distrutto. Per aprire ad una vita nuova. Per me il tempio è il mio lavoro, i miei problemi, le mie preoccupazioni che invadono tutta la mia vita e diventano un idolo… e non sono più tempio di Dio.

* Citazione quasi testuale di una persona del gruppo biblico: …io immagino rovesciati i banchi dei venditori e dei cambiamonete. E mi immagino come uno di questi venditori che si aggrappa alle sue cose, e che cerca di non lasciarle rovesciare, di non farle portar via: «Signore, questo no! Questo è buono! Lascia almeno quello!». Se il tempio siamo noi stessi, è vero che spesso ingombriamo la vita di cose “nostre”, ma eliminabili: e difatti la sua presenza le elimina, e ci invita a ricostruirci attorno al suo dono.

* Gesù non ha avuto paura. Ha lasciato da parte ogni timore reverenziale. Perché lui ama di un amore forte. Che spinge anche me a superare le mie paure, i miei timori, la mia assenza di passione…

* Un brano che invita alla conversione, partendo dalla Pasqua, che fa passare dalla morte alla vita. Solo in apparenza catastrofico: perché porta a capire che cosa è veramente importante. Il tempio trasformato in mercato è un tempio morto. Gesù lo fa rivivere. E anche a noi viene detto “aprite i vostri sepolcri”. Perché la vita ridotta a calcolo, opportunismo interesse, non è vita. La religione ridotta a formule, gesti magici, non è vero culto di Dio.

* Se è vero che noi siamo il tempio di Dio… allora possiamo dire: a lui interessi tu. Il centro dell’attenzione di Gesù è la nostra persona. E se questa prospettiva rischia di essere troppo soggettiva e individuale, potremmo dire: il centro dell’interesse di Gesù è il tempio vivo, la nuova comunità che si costruisce attorno a lui, nuovo tempio. Ciascuno di noi entra a far parte del tempio del suo corpo.