VDomenica del tempo ordinario B: Tutti ti cercano!

I testi della quinta domenica sono qui, su lachiesa.it:
http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20090208.shtml
Il testo del vangelo in greco si può trovare su zhubert.com:
http://www.zhubert.com/bible?source=greek&verseref=mk+1%3A29-39
Gb 7,1-4.6-7 Notti di affanno mi sono state assegnate.
Canto al Vangelo (Mt 8,17) Cristo ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie.
Sal 146 Risanaci, Signore, Dio della vita.
1Cor 9,16-19.22-23 Guai a me se non annuncio il Vangelo.
Mc 1,29-39 Guarì molti che erano affetti da varie malattie.

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Alcuni confratelli (già due o tre volte nell'ultima settimana) mi rimproverano eccessi di difficoltà... probabilmente hanno ragione. Questa settimana tentiamo una via più semplice.

Dalla sinagoga alla casa
Gesù esce dalla sinagoga. Che in greco significa: luogo di riunione. Poco avanti Marco annota: "tutta la città era riunita davanti alla porta". Il cortiletto davanti alla porta della casa dove sta Gesù è divenuto il nuovo luogo di riunione. Il luogo che attira "tutta la città". Da un luogo di riunione formale e istituzionale, si passa ad un luogo di riunione informale, vicino al quotidiano: la casa. Già sappiamo che si tratta di un luogo importante nel vangelo di Marco, che si rivolge a comunità cristiane che non hanno luoghi di culto propri e si ritrovano nelle case private. Nelle case Gesù guarisce, insegna, spiega ai discepoli... fino all'ultima cena, dove prepara il compimento della Passione.
Forse anche noi abbiamo una qualche nostalgia di un cristianesimo più "domestico", più calato nel quotidiano. Di incontri più familiari, più caldi... il più delle volte resta solo una nostalgia. Stare a casa richiede disciplina, ordine, la volontà di porre un termine agli impegni, alle preoccupazioni. Invece troviamo persone sempre più impegnate nel lavoro, nelle attività più disparate, con sempre meno tempo per stare semplicemente in casa. E corrispondentemente anche le parrocchie diventano centri di attività esasperata. Un altro motivo per uscire di casa. Sarà questo che il Signore ci chiede?

La febbre dentro

Dentro la casa Gesù trova una sofferenza: la suocera di Pietro con la febbre. Nell'intimità della famiglia, cova un problema, che, soprendentemente, viene subito condiviso con Gesù. Egli è diventato uno di famiglia, uno a cui si può confidare tutto. "Gli parlarono di lei": non c'è neppure una richiesta esplicita di guarigione. Si è tra amici. Gesù stesso sembra prendere l'iniziativa. La suocera di Pietro è liberata dalla sua febbre (che nel mondo antico poteva anche essere una manifestazione grave, non una malattia di poco conto), e subito comincia a servire. La presenza di Gesù non guarisce soltanto dal male fisico, ma ristabilisce anche armonia, serenità nella casa, disponibilità al servizio e all'amore reciproco.
Anche nelle nostre case sono nascoste innumerevoli sofferenze. Il più delle volte, appunto, restano nascoste. I figli non conoscono le tensioni dei genitori. I genitori non sanno - anche se eventualmente intuiscono - le sofferenze dei figli. Le scaramucce continue tra moglie e marito - o a volte i sordi silenzi, la tremenda calma apparente che rischia di essere la tomba di molti matrimoni - rivelano a volte una tensione profonda. Anche per questo spesso si fugge dalla casa: per evitare quel problema, quella tensione, per poter aggirare l'ostacolo... solo la presenza di Gesù catalizza energie positive. Ma chi porta Gesù nelle nostre case?

La casa e la città
L'incanto dura poco. L'intimità della casa di Cafarnao, dove Gesù sta con i suoi discepoli e la loro
famiglia, viene ben presto interrotta. La casa, dicevamo, diventa il nuovo luogo di riunione. Ma appunto perché luogo di riunione, cessa di essere "casa": cioè luogo intimo, raccolto, animato da relazioni brevi. Ora la città è alla porta: malati, indemoniati, persone in attesa di una parola, in attesa di guarigione. Attorno a Gesù c'è un equilibrio instabile, sempre esposto al rovesciamento.
La tranquillità non può durare: e chi vuole seguirlo, deve prepararsi a questo.

Ritrovare la rotta

Nel buio della notte si consuma la lotta di Gesù con il male. Guarisce molti malati, scaccia molti demoni. "Molti" e non "tutti": non per un'oscura selettività, ma perché l'evangelista sottolinea l'umanità di Gesù, anche con le sue limitazioni. La guarigione non è presentata come un fatto automatico, ma suppone un contatto, un dialogo, una relazione almeno minimale... Gesù, che vive nei limiti dello spazio-tempo, non può guarire, contemporaneamente, tutti i malati della città.
Anche noi, suoi discepoli, ci troviamo a contatto con la stessa limitazione. Ci troviamo nel campo di tensione tra le esigenze, le richieste, le urgenze, e il limite della nostra umanità. Gesù, Dio fatto uomo, ha accettato lo stesso limite, e l'ha trasformato in una grazia. Associandosi i discepoli (che vediamo in questo vangelo costantemente accanto a lui) ha indicato una modalità precisa di diffusione del suo vangelo, che non scavalca mai l'umanità, il principio dell'incarnazione.
Il limite ha dunque un valore fondamentale per Gesù, verbo incarnato: non può far tutto, ma deve scegliere, tra il molto che sarebbe buono e che sarebbe giusto, ciò che è meglio. Per questo si alza di buon mattino, e ritrova il contatto con il Padre. Tra le infinite urgenze e infinite pressioni, occorre ritrovare la rotta. Solo dopo ore di preghiera, avviene la scena decisiva.

Dove? Altrove

Pietro e i suoi compagni si mettono sulle tracce di Gesù. Gesù si nasconde perché lo possiamo trovare; ma più ancora, perché lo possiamo cercare. E quando lo abbiamo trovato, spesso sembra fuggire: "Andiamocene altrove". Fugge perché noi lo possiamo seguire. E perché altra gente lo possa incontrare. Gesù ricomincia a predicare nelle sinagoghe. Cambia città, cambia villaggio, incontra sempre nuove persone che hanno bisogno di lui. Dov'è Gesù? E' sempre "altrove". Non si lascia ingabbiare, se non dall'urgenza della sua missione, quella voluta dal Padre. Ma noi riusciamo a tenerlgli dietro?

FLASH SULLA PRIMA LETTURA

Giobbe parlò e disse:
«L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
La prima lettura, dal libro di Giobbe, si sofferma sulla condizione di malattia e di sofferenza. Nel nostro commento non abbiamo sviluppato più di tanto questo versante, per cui ne accenniamo qua. Giobbe, il malato, parla a nome di tutti. Parla della condizione dell'uomo. Nella sua situazione particolare, emerge il problema comune.
I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
Sembra che nella nostra società la soluzione della malattia sia solo un problema tecnico: perché di fatto malattie un tempo incurabili oggi sono state vinte dal progresso della medicina. In realtà però il problema radicale è solo spostato, non risolto: la persona risanata viene solamente rimandata alla prossima malattia incurabile. Il bambino salvato dalla malformazione cardiaca congenita, è restituito alla vita, ma non ha alcuna garanzia di non cadere vittima dell'inquinamento, o della droga, o del disagio psichico... e di fatto vediamo che mentre aumentano le condizioni generali di salute, paradossalmente nelle persone aumenta il male di vivere, il disagio mentale, l'insoddisfazione, la fatica a resistere alle sofferenze del quotidiano.
Il caso di Eluana è emblematico: nel momento in cui la scienza si dichiara impotente a trovare una cura risolutiva, l'umanità non regge più l'urto del male.
Giobbe, nella sua malattia, continua a gridare e protestare. Ma gridando, continua a vivere. Gridando, continua a chiedere a Dio. Quando arriverà la risposta?

Il salmo e la liturgia

È bello cantare inni al nostro Dio,
Gli inni sono qui chiaramente un elemento liturgico. Non sorgono spontaneamente: c'è qualcuno che invita a cantare. E c'è dall'altra parte qualcun altro che non avrebbe nessuna voglia di cantare. La liturgia ci trasporta sempre "altrove": dove noi non penseremmo, dove noi non vorremmo essere. Perciò è rischioso alterarla a nostro piacimento: perché con il pretesto di "adattare", rischiamo di spegnere quella voce di Dio che ci parla "da fuori" e che ci invita "altrove".
Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
La consolazione dei cuori affranti non può essere generata dall'interno. Può venire solo da Dio stesso.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.
La conclusione dell'inno liturgico è sorprendente, e la ritroviamo in termini simili nel Magnificat. La sua portata è rivoluzionaria, eversiva: Dio sta dalla parte dei poveri, Dio abbassa i malvagi. Ma anche la forma è eversiva: ciò non avviene attraverso le armi o le rivolte umane. Ma, appunto, a partire dalla celebrazione liturgica. E per ritornare alla lode di Dio.

Flash sulla Seconda lettura

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Le parole di Paolo meritano un'attenzione particolare nell'anno a lui dedicato. Potremmo prenderle come criterio di verifica pastorale, mentre ci troviamo ancora all'inizio dell'anno liturgico, prima del tempo forte della Qaresima. Poveri noi, se non annunciamo il Vangelo! E quindi: nelle nostre attività, nelle nostre iniziative... quanto spazio effettivamente c'è stato per l'annuncio? O almeno, quanto abbiamo davvero preparato, posto le basi per questo annuncio?

LA NOTIZIA
Confessarsi da Padre Cyril (sacerdote sordo)

Marco: Leggi qua...
Mauro: Cos'è?
Marco: Un giornale missionario...
Mauro: Carino... bah!
Mauro: Ma no è fatto bene... racconta di un sacerdote sudafricano, cieco e sordo.
Mauro: Un incidente? Una malattia dopo l'ordinazione?
Marco: Ma no, una malattia dalla nascita. Sordo dalla nascita, progressivamente cieco. Prima è stato a Soweto, e ha insegnato l'inglese ai ragazzi neri affetti da sordità (erano i tempi dell'Apartheid, e insegnare l'inglese ai neri era proibito). Poi è stato a Singapore e in Cina. Fino a quando ha perso anche la vista. Ed è tornato a Londra, e fa il prete per i sordo-ciechi.
Mauro: (sfogliando il giornale) E' pazzesco... lui ha vinto difficoltà enormi. Perché noi non dovremmo riuscire a vincere le nostre?