Pentecoste 2009: Vi guiderà alla verità tutta intera (il peso del futuro)

La fede adulta

Finché Gesù è presente, i discepoli non possono raggiungere la pienezza della fede. Sembrerebbe questo lo strano paradosso che sta dietro al denso brano tratto dal vangelo di Giovanni. Le due feste dell’Ascensione e della Pentecoste ci guidano ad un percorso che va dal distacco rispetto al Gesù visibile, per entrare sotto la guida dello Spirito invisibile. Cristiano maturo è dunque colui che “crede senza vedere” (come è detto a Tommaso), e che accoglie in sé la testimonianza del Paraclito.

Dal tempo di Gesù al tempo dello Spirito

Ricorre continuamente nel brano l’alternanza di presente e futuro: un futuro che appartiene allo Spirito. Luca negli Atti e Giovanni nel suo Vangelo, nonostante la differente intonazione narrativa, concordano nel distinguere due epoche, uno scarto temporale: il tempo in cui Gesù è presente, visibile, operante nella storia; e il tempo in cui cessa questa modalità di presenza. Comincia un nuovo modo di operare, che viene affidato allo Spirito. Ovviamente lo Spirito non è presentato come estraneo rispetto a Gesù e rispetto al Padre: esso è lo Spirito che Gesù “manderà dal Padre”, e Gesù precisa che “prenderà del mio”, specificando che “tutto ciò che il Padre possiede è mio”.

Reggere il peso

Si allude già così al mistero trinitario, alla sua piena rivelazione e conoscenza. Esso fa parte delle “molte cose” che Gesù ha ancora da dire. E che vengono definite: “un peso”. Un peso difficile da reggere. Ma perché mai la piena rivelazione del mistero di Dio nella storia, la piena rivelazione della sua essenza dovrebbe diventare “un peso”? Un possibile aiuto lo danno le altre parole di Gesù: “Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Esso è un peso facile da portare, più facile dei pesi insopportabili di cui sprovvedutamente ci si fa spesso carico: il peso dell’orgoglio, dell’ambizione, della carriera, del puntiglio, del piacere a tutti i costi, della vendetta personale… Il problema è che chi porta il proprio carico egoistico, che volontariamente si è scelto, e che eroicamente crede di dover continuare a portare, a dispetto di tutto e di tutti, indubbiamente il dolce carico di Gesù suona come un aggravio insostenibile. I discepoli a cui Gesù parla nei discorsi d’addio sono ancora troppo carichi del loro egoismo, delle loro illusioni. Ad essi, come a Pietro, Gesù dice: “non puoi seguirmi ora. Mi seguirai dopo”.

Adulti quando?

Il brano odierno pone dunque una duplice domanda: essa da un lato riguarda la piena conoscenza del mistero di Dio. La necessità di entrare in una piena comprensione del suo progetto nella storia. Dall’altro lato, essa riguarda la competenza del discepolo. Quando giunge il momento di passare dalla fede bambina o adolescenziale alla fede adulta, matura, piena? Attraverso quali tappe sarà possibile vivere questo passaggio? La domanda è cruciale per la vita pastorale delle nostre comunità.

Il distacco

Un primo passaggio sembra essere il distacco dalla presenza fisica di Gesù. Che significa vivere della sua parola, della sua presenza liturgica, della preghiera fiduciosa anche nella prova… e anche vivere nella relativa assenza di segni prodigiosi, siano essi guarigioni, estasi, esplosioni emotive, realizzazioni sociali e tutto ciò che noi fanciullescamente e istintivamente intendiamo come “segni” della presenza di Cristo. Ci avvisavano di questo anche gli angeli dell’ascensione: “uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”.

Lo Spirito

Il secondo passaggio è l’accoglienza del dono dello Spirito. Esso non è “altra cosa” rispetto a Gesù: egli lo “glorifica”; egli “prenderà del suo”, egli “darà testimonianza” di lui; egli è mandato “dal Padre”. E tuttavia egli non è “fuori” di me, non è “di fronte” a me, come il Gesù terreno, come il Gesù delle apparizioni: egli opera dall’interno. Lo Spirito è vita divina che viene a far parte di noi.

E anche voi date testimonianza

Il terzo passaggio è la testimonianza. Il credente, che ha conosciuto Gesù, che ha accolto lo Spirito, che vive in sé la vita divina, può essere finalmente testimone, non perché “fa” certe cose, o perché “non fa” altre cose, ma perché vive costantemente la vita di Dio. Questa è la fede adulta. Quella che Gesù ha inaugurato morendo sulla croce. Quella a cui siamo chiamati nell’Eucaristia domenicale. Quella dei grandi testimoni della fede e dei martiri. Che cosa ci impedisce di raggiungerla? Forse perché nessuno ce ne parla? Forse perché il nostro peso non lo vogliamo mollare? O forse perché resistiamo alla voce dello Spirito?