Il salmo 117: preghiera del singolo, preghiera comune, preghiera corale

“Dica Israele: «Il suo amore è per sempre»”
Il salmo si presenta come una grandiosa liturgia corale, in cui il maestro del coro chiama tutti i partecipanti alla ripetizione del ritornello. Il primo gruppo chiamato è quello dei figli di Israele, il popolo eletto, la comunità di coloro che si sanno salvati dall'Egitto e che hanno speranza di essere ancora salvati da Dio, perché appunto “il suo amore è per sempre”. Il Dio che ha salvato i padri, riscatterà ancora il suo popolo. Su questa convinzione poggia saldamente l’annuncio apostolico: “Cristo è risorto secondo le Scritture”.
“Dica la casa di Aronne”
Il secondo gruppo coinvolto è il coro più ristretto dei figli di Aronne, i leviti, il gruppo sacerdotale, incaricato delle funzioni cultuali. Privato di un proprio territorio, di una funzione politica e militare, il clan dei Leviti assume un’alta funzione simbolica, fino a diventare modello di tutto il popolo: come essi si distinguono in mezzo ad Israele, così Israele dovrà distinguersi in mezzo a tutti i popoli come “proprietà speciale” di Dio.
“Dicano quelli che temono il Signore”: il terzo coro che prende la voce nel canto è quello dei “timorati di Dio”, espressione che può avere un’interpretazione ristretta o un’interpretazione ampia. Può indicare un gruppo all’interno del popolo, di coloro che si sono dimostrati particolarmente fedeli a Dio, attraverso prove e tribolazioni; potrebbe anche indicare coloro che non appartengono direttamente alla stirpe di Israele, ma si sentono ugualmente attratti dalla relazione con Dio. Questa seconda interpretazione è ripresa negli Atti degli Apostoli (10,2.22; 13,16.26).
“Mi avevano spinto con forza per farmi cadere”: Al termine dell’esplosione corale, prende la voce un singolo. La sua esperienza personale diviene esperienza di tutto il popolo. Oppure: l’esperienza di salvezza del popolo è narrata come se fosse esperienza di un singolo.
In che modo questa complessa ripartizione può interessare la nostra preghiera, e non limitarsi ad un suggerimento per musicisti e compositori? Si tratta in realtà di una problematica estremamente semplice. Molti infatti, anche nel tempo di Pasqua, preferiscono pregare da soli. Perché preferiscono il rapporto intimo e silenzioso con Dio. Alcuni invece privilegiano la preghiera comunitaria: per cui si aborriscono le formule al singolare, e si sostituiscono con il plurale. Il salmo corale mostra invece che la preghiera comune non cancella le singole voci: anzi, le richiede. Non appiattisce le varie esperienze: le amplifica. E d’altra parte, la preghiera individuale non può esaurirsi da sola: deve entrare nel coro. Solo nel coro trova, per così dire, l’accompagnamento, il sostegno, il silenzio adeguato per esprimersi.