Il senso umano dei riti, il senso divino della liturgia

Prima realtà da riscoprire: la "partecipazione attiva". Che non significa che tutti fanno qualcosa, ma che tutti fanno la stessa cosa.
E che cos'è questa stessa cosa?
Dio che si dona a noi, attraverso i riti liturgici.
Dio è il protagonista.
Noi siamo passivi.
Ma diventiamo attivi attraverso il rito.

Seconda realtà da riscoprire: la fede. Essa non viene "prima" del rito, come un suo presupposto. E neppure "dopo" il rito, come un suo "risultato". Ma è "dentro" il rito, come un dono che simultaneamente riceviamo, accogliamo, lasciamo nascere in noi.

Terza realtà da riscoprire: l'ecologia del rito. Questo vale sia per le cerimonie scout, sia per la liturgia. I simboli acquistano senso in riferimento agli altri simboli. Come un oggetto acquista risalto in base allo sfondo. Per questo ad esempio non posso usare musica artificiale: perché dipenderei dal mezzo meccanico. Per questo non posso usare espedienti teatrali: perché essi creano spettatori da un lato, e protagonisti (performers) dall'altro. E' vero che il coinvolgimento teatrale è fortissimo: ma resta sempre il coinvolgimento di uno spettatore, non di un protagonista.

Alcuni esempi.
Accoglienza. Che ognuno abbia il suo posto. Non tutti al centro (litigio), non tutti ai margini (indifferenza). Ma c'è un posto per tutti. E non lo prepariamo noi, lo vuole Dio.
Ministerialità. La liturgia ha Dio per protagonista. La comunità come protagonista correlativo. Ciò che si fa è pregare, accogliere il dono del Padre, invocare... e lo fanno tutti. Non solo il prete, i cantori, i lettori... tutti costoro sono al SERVIZIO dell'azione liturgica. Ma se sono al servizio, non ne sono i padroni (cf. il discorso del Vescovo). Non possono dettar legge, ma seguire le sue regole.
Sensibilità. Chi beve troppa coca cola non apprezza più il buon vino. Chi vive in poltrona non può gustare una notte in tenda... per accrescere la sensibilità è necessario il silenzio, il digiuno, il ritirarsi, il sostare... che non è rinuncia, ma condizione per ricominciare a gustare il senso pieno delle cose.