15 gennaio

Isaia 49,4a
וַאֲנִי אָמַרְתִּי לְרִיק יָגַעְתִּי

waʾănî ʾāmartî lərîq yāgaʿtî

e-io dissi per-vuoto faticai

Analisi

וַאֲנִי “ed-io”. Il pronome personale di I persona è qui unito con la congiunzione וְ (e); la successione di due sillabe con shewa (la seconda con consonante gutturale) produce l’esito che si può vedere: il primo shewa scompare, e si trasforma nella vocale breve corrispondente al secondo.

אָמַרְתִּי “dissi”. La radice verbale è אמר, che esprime l’idea del “dire, parlare”, ed è spesso usata per introdurre un discorso diretto. Il verbo è al perfetto qal, I persona singolare.

לְרִיק “invano”. La preposizione semplice לְ (a, per) unita al sostantivo רִיק (vuoto, vanità). Il sostantivo è usato praticamente solo in questa locuzione avverbiale, con il significato di “invano, inutilmente, a vuoto”.

יָגַעְתִּי “faticai”. La radice verbale è יגע (faticare, stancarsi); questo è un altro bell’esempio di perfetto qal, I persona singolare.

Commento

Abbiamo qui un raro esempio di rima interna all’emistichio; la rima non è molto apprezzata nella poesia ebraica (anche se qui svolge una sua funzione, come vedremo). Il verso presenta tre allitterazioni fondamentali: alef, resh, gimel-ayin-qof che gli danno un andamento quasi singhiozzante, di chi è prostrato dalla fatica; la rima serve ad accentuare l’effetto.