Conversione di san Paolo o terza settimana per annum?

Premessa: Un dubbio che sorge. Domenica è la conversione di san Paolo, o prevale la domenica? Soluzione immediata: consultiamo la guida liturgica della Lombardia. Miracolo: un libro che cerco è lì, nel suo scaffale. Venticinque gennaio: ecco, terza domenica del Tempo ordinario. Niente San Paolo, quest’anno… che sfortuna però: proprio l’anno paolino. Ma ecco, in fondo, la noticina: "Anno giubilare Paolino. Si concede, in maniera straordinaria, che si possa celebrare nelle singole chiese una Messa secondo il formulario “Conversione san Paolo apostolo, come si trova nel Messale Romano. In tal caso la seconda lettura della Messa si desume dal Lezionario Romano per la Terza Domenica “per Annum”, e si recita il Credo”. Tutto a posto quindi, san Paolo si può fare (ma che vuol dire “nelle singole chiese”? vuol dire a tutte le Messe festive? Boh! però la cosa è seria, e perfino autorizzata dalla “Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti”, con tanto di numero della pratica: “prot. n. 268/08/L). E quindi? Che cosa celebriamo domenica? Non lo so e non mi importa. Ora vado agli Esercizi spirituali, bidonando i miei lettori. Ma no, non li bidono. Lasciamo soltanto qualche spunto…
III domenica del Tempo ordinario
Gn 3,1-5.10 I Niniviti si convertirono dalla loro condotta malvagia.
Salmo 24 Fammi conoscere, Signore, le tue vie.
1Corinti 7,29-31 Passa la figura di questo mondo.
Alleluia (Mc 1, 15) Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo.
Mc 1,14-20 Convertitevi e credete al Vangelo.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

oppure
Conversione di S. Paolo Apostolo (concessione speciale nell’anno paolino)
Atti 22,3-16 Saulo, fratello, torna a vedere
oppure
Atti 9,1-22 Signore, che cosa vuoi che io faccia?
Salmo 116 Proclamerò ai popoli il nome del Signore
Alleluia (Mc 16,15) Andate in tutto il mondo, dice il Signore e predicate il mio vangelo.
Mc 16,15-18 Chi crederà sarà salvo.

In quel tempo, apparendo agli Undici, Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Flash sulla I lettura della domenica

Anche questa lettura parla di conversione. In forma schematica, quasi fiabesca, la storia di Giona ci fa riflettere sulla realtà della conversione, che non è a senso unico. Giona è convinto di essere mandato a convertire “gli altri”. Giona è convinto che i Niniviti, gli abitanti della “grande città”, la capitale dell’impero che comanda il mondo (l’impero del male), siano destinati alla perdizione. Giona incarna un atteggiamento moderno, che ritroviamo in vari settori della Chiesa: si identifica l’impero del male di turno, ci si proclama senz’altro “buoni”, si fa in vari modi la guerra ai cattivi.
Giona non è sfiorato minimamente dal dubbio che anch’egli si deve convertire: se ne accorgerà solo al termine. Il racconto, nella sua ironia, mostra che è più facile la conversione dei Niniviti che quella di Giona. Mentre tentiamo di annunciare il Vangelo (e dobbiamo, e possiamo farlo, perché una qualche grazia l’abbiamo pur ricevuta dal Signore) accetteremo di convertirci anche noi?

Salmo responsoriale (della domenica)

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Il salmo 24 è una preghiera per dare orientamento alle proprie scelte. Troppe volte si decide in autonomia, senza confrontarsi realmente con la Parola di Dio. Si mettono in gioco emozioni, ragionamenti, aspirazioni, valori di fondo. A volte si coglie nel segno, anche senza uno specifico discernimento. Per fortuna (o per grazia): ma è un po’ come un terno al lotto. Perché in qualche modo i nostri ragionamenti sono influenzati dal Vangelo che ascoltiamo, dalla liturgia a cui partecipiamo, dallo Spirito Santo che in qualche misura, anche a nostra insaputa, agisce nella nostra vita. A volte si rischia di sbandare paurosamente. Non sempre, se manca una vera azione di discernimento (che richiede ricerca, fatica, accettare di stare nel buio dell’incertezza), si arriva a camminare nella grazia di Dio: anche se a parole abbiamo scelto lui. In realtà si portano avanti tradizioni, convinzioni, abitudini, buone iniziative, buoni sentimenti. Ma ciò che chiede Dio sta da un’altra parte; o forse, può essere venuto il momento di puntare a traguardi più alti.
Ritorniamo dunque a pregare: “facci conoscere, Signore, le tue vie".
Non diamo per scontato di saperle già, che le nostre soluzioni siano ideali. E neppure che i nostri errori siano irreparabili:
“Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta”

Flash sulla Seconda lettura (della domenica)

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; [...] passa infatti la figura di questo mondo!
Il cardinal Martini parlava, tempo fa, scherzosamente, di “relativismo cristiano”. Ogni realtà è relativizzabile, vista alla luce della fede. Quelli che consideriamo assoluti sono tutte realtà molto transitorie: “passa infatti la figura di questo mondo”: il mondo ha un aspetto che non è definitivo, che resta in attesa della trasformazione finale operata da Dio. L’urgenza non va più posta a partire dalle esigenze del mondo, ma a partire dalla necessità impellente nella conversione. Perché ci è data un’occasione unica, in un tempo unico della storia.
“Quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero”: perfino la realtà più alta, più forte, più sacra che gli uomini (tutti gli uomini, perfino gli atei) possono percepire, la realtà dell’amore coniugale (oggi con una gran quantità di imitazioni, revisioni, nuove versioni, talora di dubbia qualità, per non dire delle falsificazioni…), resta comunque relativa, meno importante del Regno di Dio. O rientra nel Regno. O può essere abbandonata.

Flash sulla I lettura (della conversione di san Paolo)
Basta! Troppe possibilità di scelta. O la domenica, o san Paolo! e anche lì, una lettura oppure l’altra… a volte si è presi dall’angoscia di scegliere. Si vorrebbe tutto pronto, tutto preparato, tutto già incanalato. Magari qualche volta scegliere sì, ma nella tranquillità, con calma, senza che diventi preoccupante. Come davanti a una scatola di cioccolatini, con calma, sapendo che poi tanto alla fine si potranno provare tutti e quattro i tipi: quello bianco, quello nero, e poi quello col ripieno… e che m’importa della linea!
Forse Paolo cercava proprio questo: una scelta forte, decisa. Una linea di vita da portare avanti senza deflettere, senza lasciarsi sconvolgere da nulla. E per questo vuole arrestare i cristiani fino a Damasco. Li vuole stanare dovunque si siano rifugiati. Vorrebbe risolvere il problema alla radice. Ed è convinto di avere Dio dalla sua parte.
Portare avanti una scelta, senza deviare. Non mostrare cedimenti. Lottare fino a raggiungere l’obiettivo. Anche la vita moderna spesso impone questo: pragmatismo, efficacia, risultati concreti… manca un piccolo dettaglio: il fine è giusto? Dio è davvero dalla nostra parte? Paolo si ritrova cieco. Si ritrova a non sapere più nulla. La luce di Dio polverizza le sue convinzioni. Solo il contatto con un semplice fratello di nome Anania lo reintroduce alla luce.
"ti sarà detto quello che devi fare”, “gli mostrerò quanto dovrà soffrire nel mio nome”: Paolo si ritrova alla fine senza una scelta definitiva e precisa. Il Vangelo che riceve, l’incontro con il Risorto, è destinato a restare un punto fermo della sua vita. Ma dove lo porta? Dove lui non immagina. Dove ancora non sa. In mezzo ai popoli. In mezzo agli imprevisti. La scelta del Vangelo è una scelta forte. Ma quando è vera, resta sempre imprevedibile. Animata dall’energia dello Spirito…

Commento ai Vangeli (tutti e due)
All’inizio e alla fine del Vangelo di Marco troviamo un brano che riguarda Gesù e i discepoli. All’inizio la vocazione e la promessa (vi farò diventare pescatori di uomini). Alla fine la manifestazione e la missione (andate). Curiosamente la liturgia di oggi ci mette nella condizione di dover scegliere proprio tra questi due estremi. In fondo si tratta della stessa cosa. Della stessa realtà del Regno di Dio che è in gioco, e che deve proseguire seguendo lo stesso schema, la stessa forza ispiratrice.

All'inizio
All’inizio sta il Maestro, che chiama un gruppetto di discepoli. Li chiama per nome, personalmente, stabilendo un rapporto stretto con loro. Li chiama mentre lavorano, trovandoli lì dove stanno. Non è detto che fossero nella sinagoga ad ascoltarlo. Non è citata nessuna opera particolare di preparazione (anche se è storicamente probabile, e possiamo anche immaginarla). Non è nella preparazione la scintilla decisiva.

Alla fine
Al termine, di nuovo il Maestro, il Crocifisso, il Risorto, con il suo gruppetto di discepoli. Quelli che erano stati chiamati, che sono stati con lui, che sono fuggiti, che lui ha recuperato, come il pastore chiama le sue pecore, ad una ad una. Ora però tocca a loro fare quello che lui ha fatto con loro. Da uno a dodici: non sembra una gran produttività. Anche perché di quei dodici uno è uscito fuori guasto. Ma che cosa succede se ciascuno di quegli undici comincia ad annunciare il Vangelo, e stabilisce il contatto con altri tre o quattro? E se ciascuno di quelli che sono stati chiamati a sua volta ne chiama altri? Matematicamente è un meccanismo semplice. Genera una crescita esponenziale.

Testimonianza o catena di sant’Antonio?
Praticamente, ha molte applicazioni: dalla reazione a catena, che fa esplodere la bomba atomica, fino ai vari messaggi tipo “catena di sant’Antonio”, che intasano la mia posta elettronica. Sembra un paragone irriverente. La catena dei testimoni che di generazione in generazione fa crescere la Chiesa. E la propagazione di messaggi scemi via Internet. Ma la differenza non è nel meccanismo moltiplicatorio. È nelle forze in gioco.

Il fascino di Gesù
Gesù ha una forza speciale, che risplende nel Risorto, ma era già latente ai tempi della Galilea. Non annuncia se stesso, ma il Regno di Dio. Non orienta le persone a sé, ma alla conoscenza del Padre. Vive senza problemi la sua apparente debolezza e limitatezza. Invita a credere, ad avere fiducia nel lieto messaggio, e mostra che è possibile farlo. Non ha la sicurezza di un clan familiare: per questo c’è chi per lui può lasciare la famiglia. Non ha la sicurezza di un lavoro fisso: per questo alcuni possono abbandonar anche un lavoro sicuro, e i loro strumenti. Non compie segni violenti, né segni grandiosi: i miracoli che egli fa stanno tutti nella forza della parola che annuncia, e dell’amore che si prende cura dei poveri: ed è questo che siamo chiamati a trasmettere oggi. Ma ci crediamo davvero in lui? Ci fidiamo davvero? Siamo disposti a ripartire da lui?