VIIDomenica: prendi la tua barella e va' a casa tua. Ovvero: TORNARE A CASA

Un’esperienza

Un incontro formativo per giovani capi scout. L’educatore, che tutti gli anni si occupa del trasporto degli ammalati a Lourdes, detta le regole. "Tu sei un cieco, tu sei un sordo… tu sei un paralitico”. E rivolto a tutti gli altri: “E voi fate i barellieri”. Uno deve fingersi malato per un’ora. Gli altri, attorno a lui, fare come se fossero i barellieri che lo accompagnano a Lourdes. Al termine si racconta che cosa è successo. Il giovane paralizzato si è completamente calato nella parte. Non ha mosso un muscolo. Si è lasciato completamente trasportare. Che cosa avrà da dire?

Desiderio di un volto

"E' stata un’esperienza strana… esordisce. Tutti sono stati molto gentili con me. Ma io non vedevo nessuno in faccia. Sentivo delle voci intorno a me, ma non potevo girarmi per vedere chi mi parlava”. Gli altri si sentono piuttosto imbarazzati. Erano convinti di essere stati bravi. Attenti, precisi, l’hanno sorretto senza farlo cadere. Lo hanno trasportato. Come dei veri barellieri attenti al malato. Ma lui, il finto paralitico per un’ora, ha scoperto che tutto questo non basta. Che esiste anche il desiderio di un volto.

Perdonato

Gesù questo l’aveva capito. Si china sul paralitico, e gli dice "i tuoi peccati sono perdonati”. Si china, si fa vedere, gli parla. Gli dice parole sorprendenti. Ha compreso il bisogno profondo di quella persona. Che non è solo di camminare. Certo, noi pensiamo che, in fondo, che male può aver fatto un paralitico? E non ci accorgiamo che così lo escludiamo ancora di più dal nostro consesso, dalla cerchia delle persone “normali”. Il perdono di Gesù non è semplicemente un lavaggio dei peccati. È anche la possibilità di fissare il suo sguardo. Di sentirsi amati da Dio. Noi, buonisti interessati, guarderemmo subito alla malattia, alla menomazione. Gesù guarda innanzitutto alla persona. A tutti i suoi bisogni. Anche spirituali.

Ritorno a casa

Il paralitico torna a casa. Potrà sedersi su una sedia. Toccare le pareti. Appoggiare la sua barella in un angolo. Com’era quella casa? Il vangelo non lo dice, non racconta neppure il ritorno. Possiamo però immaginarlo noi. Quella strada tante volte vista - di sfuggita, di lato, senza poterla fissare, ora sembra nuova. Anche la casa (che io immagino poco più che una catapecchia) ora sembra una reggia. Anche il più piccolo oggetto acquista nuovo senso ora che può essere toccato, preso, afferrato, riposto. I piccoli gesti quotidiani hanno tutti un loro senso pieno. Quanto dura questa nuova condizione? Il paralitico vivrà per sempre nella riconoscenza e nella sorpresa? Oppure anche lui, un giorno sarà preso dalla noia?

La noia e il ritorno

Non sappiamo quale sia stato il suo destino. Ma certamente tra noi molti sono paralizzati dalla noia. Ingabbiati in una quotidianità che appare senza senso: e che tuttavia acquista nuovo valore, vista con gli occhi di un paralitico tornato a camminare. Tornare a casa può essere la vera sfida: ritrovare la vita di sempre, non come il luogo della noia e dell’insignificanza, ma della sorpresa e della presenza di Dio. Tornando a casa il paralitico riscopre il gusto della vita, anche nelle cose più semplici. Come forse potrebbe avvenire anche per noi. Gesù lo invita a portare con sé la barella: è un primo, significativo, gesto di responsabilità. Non lasciare un oggetto estraneo lì nella casa dove Gesù sta insegnaando. E non dimenticare il passato: esso è qualcosa che può essere “portato”, non come un peso morto, ma come il segno della misericordia di Dio.

Immobili nel cuore

Altri personaggi sono presenti sulla scena: Gli scribi che meditano in cuor loro, perplessi. Di per sé essi non fanno nulla di male: a differenza della folla, essi ragionano con la loro testa, non si lasciano condizionare dal giudizio altrui, cercano di valutare secondo un criterio oggettivo, non istintivo, addirittura secondo il criterio di Dio, stabilito nella sua Legge. Tuttavia, di fronte a Gesù, non riescono a riconoscere il pensiero di Dio. Hanno la conoscenza tecnica, ma hanno perso lo stupore. L’uomo guarito da Gesù è paralizzato nel corpo, essi sono paralizzati nella loro mente, fissati nella giustezza delle loro idee, incapaci di un vero dialogo, incapaci di riconoscere l’azione imprevedibile di Dio. “Perché pensate così nei vostri cuori?”: le parole di Gesù sono un rimprovero e nello stesso tempo una constatazione dolorosa. La sua azione benefica non è capita, il cuore di qualcuno, invece di aprirsi con gioia al perdono, si fissa nella sua durezza e nella sua ostinazione. Le parole di Gesù sono come una tempesta, che sradica certezze consolidate ed apre ad una nuova visione. Il seguito del vangelo di Marco mostra che questa apertura non avviene. Il contrasto tra Gesù e i capi si radicalizza via via, fino alla crocifissione. Oggi il contrasto è tra Gesù e i nostri pensieri fissi. Sapremo accettare la conversione?

Il movimento disordinato

La gente che circonda Gesù (“tante persone”) presenta aspetti ambivalenti. Da un lato è interessata, lo circonda, lo cerca. Intuisce che in lui opera Dio. A differenza degli scribi, essa sa stupirsi per il segno operato, e in una forma ancora embrionale dà lode a Dio. D’altra parte la folla diventa ostacolo. La sua stessa curiosità impedisce di lasciar passare il povero, il malato, il debole. Nessuno accetta di cedere il posto che si è conquistato, in prima fila di fronte allo spettacolo di Gesù. Ben diversi sono i quattro che sorreggono il paralitico: servizievoli e nascosti, agiscono e spariscono. Loro è la fede premiata dalla guarigione. Tanto grande che essi accettano di restare nel silenzio, purché il loro amico possa ritrovarsi faccia a faccia con Gesù. Questo è il movimento che, idealmente, dovrebbe coinvolgere tutta la folla: da folla anonima, ritrovarsi faccia a faccia con Gesù. Ma è un movimento più impegnativo di quel che potrebbe sembrare: chi accetta di lasciarsi coinvolgere dallo sguardo di amore di Cristo, non può più tirarsi indietro: lo segue sulla via della croce. La folla di questo brano non lo fa. Lo faremo almeno noi?