Lo Spirito dell'età adulta

Amore e comandamenti
Amore e osservanza dei comandamenti sono le due polarità fondamentali di questa sezione del discorso d’addio di Gesù. Possiamo da subito rilevare che di per sé non c'è un legame diretto: l’osservanza di un comando può derivare dal timore, dalla paura, dalla costrizione, dalla convenienza... risulta chiaro dunque che l’unico tipo di obbedienza che interessa realmente a Gesù è quella dettata dall’amore. Si fa riferimento ad una situazione in cui amore e dovere coincidono, in cui obbedire e amare sono interscambiabili: e difatti all’inizio troviamo “se mi amate, osserverete”, e alla fine del brano “chi accoglie e osserva, questi è colui che mi ama”.

Una sintesi impossibile
Umanamente sembrerebbe qualcosa di irrealizzabile: una sintesi impossibile. L’amore sembra talvolta trascinarci verso desideri contrari a Dio (anche se fatichiamo a comprenderne i motivi), mentre l’obbedienza a Dio il più delle volte nella nostra vita appare qualcosa di forzato, di imposto. Una conquista impegnativa, un traguardo riservato ai pochi. Occorre distinguere bene qui due tipi di problematica: il primo è legato alla condizione umana, di esseri immersi nel tempo, che hanno ritmi di crescita lunghi. Ciò cozza pesantemente contro la mentalità moderna del tutto-e-subito. Che non è peraltro un’esclusiva della società moderna, ma è stata potenziata da uno sviluppo tecnologico sorprendente, e inimmaginabile, anche solo qualche decennio fa. I tempi della crescita della coscienza, della maturazione dello spirito, non sono i tempi dell’accelerazione tecnologica. Tuttavia l’uomo moderno – noi uomini moderni – abbiamo difficoltà ad accettarlo. E già l’incapacità di adeguarci ai tempi lunghi è una forma di “disubbidienza”. E ci conduce alla seconda problematica, ben più radicale.

L’ottusità del cuore
Il cuore egoista, indurito, chiuso alla manifestazione di Dio, conseguentemente ostile all’accoglienza dei fratelli, centrato unicamente su se stesso: è questo, in termini biblici, ciò che impedisce di unire amore e obbedienza a Dio. Ciò che nella Bibbia è il cuore, non abbiamo più nemmeno i termini per descriverlo, nel nostro linguaggio: si parla di coscienza, di inconscio, di scelte, si scava nei motivi profondi, genetici, del comportamento umano. Sempre più determinante, nella programmazione economica, e anche nella politica, diventa l’arte del sondaggio: in cui il corpo sociale è studiato come un oggetto di indagine, e l’ideale è quello di una comprensione “oggettiva”, disumanizzata: un sondaggio ben riuscito è quello che arriva a individuare una tendenza al di là della scelta libera dei singoli. Incontriamo insomma al di là del problema di sempre, costituito dal cuore indurito, il problema linguistico: manchiamo delle categorie per descriverlo e per coscientizzarlo.

Il dono dello Spirito
Come sarà possibile quindi realizzare la riconciliazione tra amore e comandamenti? Come sarà possibile inoltre trovare la via per dire in modo nuovo come Dio operi una simile trasformazione in noi? Gesù promette il dono dello Spirito: sarà lui ad operare la riconciliazione, sarà lui a comunicare la sapienza per annunciarla. Anche se rimane, nella sua profondità, un fatto inaccessibile al mondo: il mondo “non può ricevere” e “non può conoscere” lo Spirito.

I doni dello Spirito, verso una fede matura
L'amore di Dio ( è dunque frutto dello Spirito. La realizzazione dei comandamenti è parimenti opera sua. Nello Spirito Gesù può essere compreso come il Risorto, il vivente, colui che abita presso il Padre e che nello stesso tempo abita anche in noi. Gesù stesso invoca il Padre perché ne possiamo partecipare. L’accoglienza dello Spirito diventa quindi un punto discrimante tra una fede ingenua (quella che probabilmente in molti viviamo) e una fede adulta. E' fede ingenua quella di chi si accontenta di credere genericamente in Dio, e nel frattempo vive nella dispersione: ma è ugualmente ingenua la fede di chi si sforza eroicamente di mettere in pratica i suoi propositi, senza invocare e senza accogliere lo Spirito di Gesù. È fede ingenua quella delle comunità parrocchiali che vivono di tradizione, semplicemente tramandando riti ormai stanchi; ma è ugualmente ancora bambina la fede delle parrocchie che si coinvolgono in una miriade di attività umane, che restano appunto soltanto umane. Ci sono invece nella nostra chiesa i frutti dello Spirito: troppo spesso restano nascosti, tesori inascoltati, scomodi perché mettono in discussione immobilità e frenesia. La parola di Gesù, in questa domenica, ci spinge a rimetterci in ascolto.