II lettura: in attesa di domande, con la risposta nel cuore

“Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori”: si introduce qui l’esortazione alla testimonianza. Che spesso nella predicazione abituale della chiesa – e ahimè, anche su questa pagina – rischia di diventare un semplice invito alla propaganda. Qui invece il dovere della testimonianza è legato all’adorazione di Cristo. Che avviene nel cuore: e dunque non è più un “dovere” inculcato dall’esterno, o un’aspirazione che corrisponde ai sogni di grandezza umani. Ogni gruppo, ogni setta, perfino le associazioni criminali desiderano espandersi e crearsi nuovi adepti. A dire il vero, è un fatto del tutto umano, in cui non c'è nulla di negativo. Ma la testimonianza di Cristo, se vuol essere autentica, è del tutto differente. Nasce dall’adorazione, e non si attua come propaganda.

“pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione”: si tratta infatti di rispondere, non di conquistare. Il primo passo è compiuto dall’esterno, da chi non crede: il discepolo è chiamato a “render ragione”, è in posizione passiva.
“...la speranza che è in voi”: è chiaro che la domanda nasce da una qualche constatazione, dall’aver visto che i credenti possiedono un atteggiamento particolare chiamato “speranza”, che contraddistingue il loro vivere. Ma la caratteristica fondamentale della speranza è che essa basta a se stessa, non è finalizzata alla testimonianza. Il credente spera perché crede, crede perché ama Dio. La speranza si vive, indipendentemente dal fatto di mostrarla o no. Tuttavia, è vero che chi vive nella speranza, inevitabilmente la dimostra. E suscita domande. E deve esser pronto a renderne ragione.