Salmo: la lode, al di là del bisogno del numero

“Esultate, o giusti, nel Signore”: il tempo pasquale ci insegna l’atteggiamento della lode. Che non ha altra motivazione che se stessa: “per gli uomini retti è bella la lode”. O meglio: che non ha altra motivazione, se non la bellezza di Dio. Quella bellezza di cui vediamo un riflesso nel mondo. Di cui avvertiamo la presenza nel fratello. Quella bellezza che si manifesta a noi perfino nel volto sfigurato di Cristo: colui che accetta di morire per amore. Per trasmetterci l’amore del Padre.
“Lodate il Signore con la cetra, / con l’arpa a dieci corde a lui cantate”: la lode di Dio tende a svilupparsi, a crescere, in qualità, quantità, estensione. Il salmista infatti invita anche altri ad unirsi al suo canto: Dio merita che lo lodino in tanti. Chi si associa al coro è invitato a profondere tutta la sua abilità, ad usare tutti gli strumenti possibili: cetra, arpa a dieci corde, in altri salmi cembali, tamburi e flauti. Sarebbe però rischioso confondere la lode con una questione numerica o tecnica. È il rischio dei nostri giovani (ma forse anche di tanti adulti): sentono il bisogno di grandi raduni, di un grande impianto sonoro, della presenza di un personaggio famoso, di potersi confondere nella massa anonima, per potersi accorgere che in fondo è bello lodare Dio.
“l’occhio del Signore è su chi lo teme”: chi ha partecipato ai grandi raduni religiosi, ad incontri dove si ritrova tanta gente (quanta, dipende dalle circostanze: anche un matrimonio dove si ritrovano cento amici potrebbe apparire così), chi ha visto l’entusiasmo impadronirsi delle masse, sa bene quanto possa essere istruttivo e ingannevole insieme. Istruttivo, perché può rafforzare la fiducia, rinfrancare chi è affaticato. Ingannevole, se crea l’aspettativa e la pretesa di dover sempre essere una folla. La lode perfetta è quella di chi sente su di sé lo sguardo di Dio, e si sente amato personalmente da lui. Egli è colui che, anche quando è solo, “spera nel suo amore” che “libera dalla morte” e “nutre in tempo di fame”.