Il giorno del Signore continua

Quando esattamente?
La festa di Pentecoste è legata all’effusione dello Spirito, dono del Risorto. Vediamo però che l’evangelista Luca la lega ad una grande apparizione, durante la festa ebraica di Pentecoste, che diventa occasione per un annuncio e una predicazione del Risorto alla folla. Il gruppo ristretto dei discepoli si apre alla città, diventa lievito, seme che germoglia e porta frutto: nasce la comunità di Gerusalemme. Giovanni invece colloca il dono dello Spirito il giorno stesso della Risurrezione. Potremmo dunque chiederci: «quando» propriamente è avvenuta la Pentecoste?

L’urgenza di partire
Si tratta però di una domanda non del tutto pertinente: soprattutto il vangelo di Giovanni vuole trasmettere una scena emblematica, che condensa in un unico brano risurrezione, dono dello Spirito, missione. Per l’evangelista è importante contenere tutto in una pagina: non c’è tempo di elaborare un resoconto esaustivo delle apparizioni. Bisogna partire per la missione, realizzare subito ciò che il Risorto ha comandato. Scrivere la prossima pagina tocca agli ascoltatori. Quest’anno, tocca a noi. La Pentecoste dunque, o l’effusione dello Spirito, non è un avvenimento del passato, ma un avvenimento che si ripete. E mentre celebriamo la festa, invochiamo una nuova Pentecoste per la Chiesa del terzo millennio.

Il primo giorno della settimana
Mentre noi celebriamo la domenica, il Risorto si fa presente. Mentre “in memoria di lui” consacriamo il pane e il vino, ci abbeveriamo allo stesso Spirito che fece divampare la comunità di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste. E questo avviene “il primo giorno della settimana”: l’evangelista lo ricorda in questo modo, perché vuole che anche noi lo celebriamo così. Non è solo una nota pratica, ma sottolinea la fecondità di quel giorno: esso apre il ciclo dei giorni, segna un'increspatura nel nastro trasportatore degli eventi. Sembra impossibile, poiché pare che la vita in certi momenti scorra come dentro un binario fissato, in cui altri danno corrente, stabiliscono le soste, stabiliscono i passeggeri con cui ci ritroviamo... quando però la vita scorre così, prestabilita e predeterminata, significa che la domenica non è il primo dei giorni, l'abbiamo confinata come parentesi, week-end, fine settimana, momento di relax. Giovanni, con la sua attenzione al dettaglio temporale, ci testimonia una Chiesa (quella dei tempi apostolici) che vive a partire dalla domenica, che trova nell'incontro con il Risorto la sua ragione di vita. Altri tempi? Certamente: altri tempi. In cui vivere la domenica era molto più difficile che oggi. In cui il concetto di festa cristiana era totalmente assente. Era più difficile allora che oggi... perché allora oggi si fa più fatica?

Elementi di rottura
Il dettaglio temporale, su cui ci siamo estesamente soffermati, non è l’unico che nel brano segna una discontinuità, un passaggio, una trasformazione. Il “timore dei Giudei” viene superato dalla presenza di Gesù e dalla forza dello Spirito; le porte chiuse non possono fermarlo; si apre un’epoca nuova nel Regno di Dio perché “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”, e soprattutto “i peccati saranno perdonati”. Il risorto trasporta i discepoli su un piano diverso rispetto al mondo.

Troppo allineati?
La Chiesa del nostro tempo, forse, vive un eccesso di simbiosi con il mondo. La domenica diventa “fine settimana”, il timore reverenziale ridiventa dominante, si chiudono le porte, quando non anche i cuori, la discettazione politica prende il posto dell’annuncio sconvolgente del perdono. Il fatto più curioso è che anche chi si pone in atteggiamento di rottura, si ritrova invischiato, allineato con il mondo che combatte. Il prete progressista no-global e il cardinale che tuona contro gli eccessi della modernità si ritrovano triturati nello stesso calderone mediatico.

La vera rottura
Ma Gesù ci invita a non scadere allo stesso livello del mondo: solo così potremo sparare di contribuire a salvarlo (perché è lui, che salva, non noi...). Il Risorto ci dice: “Pace a voi”. E sappiamo che non è la pace che dà il mondo: solo se viviamo della sua pace, che supera anche le fatiche e le tribolazioni, saremo segni di salvezza anche per gli altri uomini. Il Risorto ci dice “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Ricordandoci che non siamo chiamati a portare avanti le nostre lotte personali, ma la causa del Padre. E che per lo più i suoi pensieri non sono i nostri pensieri... Il risorto ci dice “A chi perdonerete i peccati saranno rimessi”. Ricordandoci che questa è la missione principale della Chiesa: essere segno di riconciliazione. Ricreare armonia tra l’uomo e Dio, e tra uomo e uomo. Questo implica un coinvolgimento totale. Un dare la vita, come Gesù. Non si può essere strumenti di riconciliazione senza pagare di persona: e chi può farlo? Il Risorto ci dice “ricevete lo Spirito Santo”. Non è la nostra forza che agisce, ma quella dello Spirito.